Heavy Rain. Un gioco che forse non si può più definire come tale. Forse un lungo film interattivo, ma la definizione non è poi così importante.
Ciò che conta è il contenuto. E il contenuto, per ora, c’è.
La trama, che si modifica a seconda delle scelte e dell’abilità del giocatore di portare a termine determinate sequenze, mi ha già fatto sobbalzare sulla sedia un paio di volte.
Il cambio netto di ambiente delle prime scene, il senso di ansia che piano piano sale sempre più, la pioggia insistente che non ci abbandona per un istante. Le scelte da prendere, tra la presunta “risposta corretta” in senso assoluto o quella che invece darebbe il personaggio di turno. La frenesia di quelle sequenze d’azione in cui un paio di tasti non premuti possono portare a epiloghi tragici per il protagonista, ma non per il gioco, che invece continuerebbe semplicemente su altri binari, con un’altra trama, verso un’altro possibile finale.
E così ti trovi a ripensare alle decisioni prese e a come una determinata scelta possa avere influito sulle scene successive. E la curiosità di voler tornare a qualche capitolo precedente e provare a cambiare le carte in tavole.
C’è questo senso di angoscia costante, perché lo sai che bisogna sbrigarsi per trovare il killer dell’origami. Tutto si svolge abbastanza lentamente, aumentando ancor di più l’angoscia e la necessità di trovare la soluzione del caso, ma l’immersione è tale che non ci si rende conto del tempo che passa.
Non c’è stacco tra parti narrative e interattive, tutto è talmente miscelato da non capire che si ha perso il controllo del personaggio, che sta continuando autonomamente o, viceversa, che abbiamo di nuovo il potere di comandare gli eventi.
E completare l’immersione totale negli eventi c’è la confezione e il pieghevole. Veramente ben fatto a livello grafico: le istruzioni di gioco sono scritte con lo stile dell’assassino, il ritaglio di giornale sull’architetto vincitore di un prestigioso concorso, la scheda personale dell’agente dell’FBI, la pubblicità del dective, le foto della fotografa. Però è illeggibile: forse è un problema di qualità di stampa, ma il fondo è troppo scuro rispetto al testo e i font calligrafici hanno un corpo molto piccolo e uno spessore della linea notevole; l’inchiostro sbavato completa l’opera. Inoltre in una pagina sono addirittura assenti tutte le lettere accentate, come se fossero saltate al loro posto, spazi vuoti.
Sono errori a mio avviso gravi, soprattutto se commessi da un’attore come Sony, che ha notevoli risorse a disposizione. Errori che distruggono l’ottimo lavoro di creazione di un ambiente realistico intorno al gioco e lo fanno invece passare per un goffo tentativo mal riuscito.
Peccato, veramente. Ma il gioco, in ogni caso, rimane pur sempre un capolavoro.