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Nervosismo e mal di testa

Giornata massacrante a lavoro. Un sacco di facce nuove, tra quelli dell’altra redazione, i 3 stagisti e il nuovo giornalista.
Giornata di una lunghissima e inutile riunione, in cui ci è stato detto che dobbiamo preparare l’impostazione grafica per un nuovo mensile di 100 pagine, entro il 10 di giugno. Si, certo, se solo avessimo almeno 5 minuti di tempo, potremmo farlo.
Giornata di tristezza per una collega che se n’è andata. Arrivata a lavoro come tutti i giorni, chiamata a colloquio dal capo con suo solito “scusa hai cinque minuti?” e poi, una volta uscita dalla stanza, ha preso tutte le sue cose e ciao a tutti, me ne vado. Ma tutto questo è successo quando io non ero ancora arrivato, quindi non neanche avuto modo di salutarla.
Giornata di fastidio per il modo tremendo in cui certe cose sono gestite. Per il modo assurdo in cui si viene trattati, per l’idea di essere usato fin quando sei necessario per poi essere buttato via senza troppi complimenti, per le vendette da bambini dell’asilo messe in atto da chi ha il potere.
Giornata di aria gelida che mi arrivava addosso dalle bocchette del climatizzatore, con conseguente congelamento dello stomaco, malessere generale fino ad arrivare ad un bel mal di testa tremendo che neanche ora non accenna a passare.
E ora, sinceramente, mi rintano sotto le coperte e voglio spegnere questo cervello che rimugina troppo su certe cose.
E ora, sinceramente, voglio fare finire questa giornata.

Cronache di un open space

Giornata di cambiamenti a lavoro.
Appena arrivati, ci siamo accorti che i computer si erano moltiplicati. Sono comparsi 8 nuovi iMac bianchi, una nuova stampante, qualche telefono e sedia in più. Il gossip d’ufficio fa sapere che si trasferirà qui da noi la redazione di un giornale che in parte gestiamo. E già ci stiamo preoccupando per queste 8 persone in più che parleranno, risponderanno al telefono, respireranno. L’open space potrebbe diventare invibile.
Così abbiamo di goderci il nostro ufficio per l’ultima volta, oggi che eravamo veramente in pochi. Oggi che sembrava che i telefononi, i giorlasti e il mondo fosse in scoperto. Se non fosse stato per il mitico mago hi-tech dell’azienda che ha chiamato miliardi di volte per fare delle prove con il centralino. E passami l’interno tal dei tali e mettimi in attesa e mannaggia la musichetta non funziona aspetta che ti richiamo subito.
A fine giornata ho ripulito il mio adorato Power Mac G5 (ultima revisione :D), visto che da domani non sarà più mio: se ne imposseserà un altro stagista. E ho preferito ripulirlo un po’, togliete tutte le personalizzioni che avevo messo.
Finirò su un’altra scrivania, lontano dai colleghi del mio gruppo di lavoro, il che complicherà un po’ il coordinamento delle attività. Però avrò davanti ad un iMac nuovo. Ci guadegnerò in potenza, ma quei computer non sono fatti per fare grafica. Lo schermo lucido, tra luci al neon e finestre, fa troppi riflessi ed è troppo – troppo – contrastato. Ma vallo a spiegare ai grandi capi. Gli stessi capi che hanno pure comprato un’altro iMac nuovo per un giornalista. Quando ci sono altri grafici che hanno anche un G5 singolo processore che va a manovella.
E oggi abbiamo salutato il “nostro” giornalista. Che da domani non ci farà più parte del gruppo, seguendo altri progetti. Sì, ok, sarà a 4-5 metri da noi. Ma non sarà più la stessa cosa. Le pause, gli scambi di sguardi, le imprecazioni quando xPress si chiudeva inaspettamente (mentre non rispondeva). Sigh sob.
E oggi ha fatto un regalo a tutti. Uno di quei blocchetini per appunti, un ArtMeno. Con disegno personalizzato, ovviamente. A me l’ha preso con l’uomo vitruviano di Leonardo. Dopo la mia filippica contro il banalissimo logo dell’Expo 2015. Non so perchè, ma da quella mia filippica sono diventato colui che critica i loghi. Come se non ci fosse nulla che non mi piace. Non è mica vero!
E la serata è finita con un po’ di sano gossip da ufficio. Ci saranno altri cambiamenti in quell’open space. E molti stanno affilando i coltelli, visto che questi cambiamenti non sono affatto graditi. Sarà, ma in quell’open space l’aria si fa sempre più pesante.

I venti perduti

E’ da martedì che gioco a LostWind, comprato subito, appena è diventato disponibile il WiiWare.


Controllando il giovano Tofu e lo spirito del vento Enril, bisogna salvare la terra di Mistralis dal cattivone di turno. La solita, banale, trama. Però c’è di mezzo una ottima grafica e l’idea geniale de sistema di controllo. Perchè Tofu, in realtà, senza l’aiuto di qualche colpetto di vento, non è in grado fare nulla, nemmeno di saltare. Ogni elemento dello scenario è sensibile al vento. Così si possono postare gli oggetti, portare acqua alle piante, ravvivare fiaccole quasi spente, uccidere nemici che di tanto in tanto compaiono, risolvere gli enigmi.
Un gioco che, grazie ai suoi colori tenui e alla sua musica tranquilla infonde un senso di tranquillità estrema.
Un gioco dalla realizzazione tecnica ineccepibile, con una grafica ottimamente curata, assenza totale di tempi di caricamento e di salvataggio che fa solo ben sperare per il futuro del WiiWare. Gli sviluppatori indipendenti sono finalmente arrivati.
E possono, finalmente, esprimersi liberamente e sfruttare completamente le potenzialità del Wii.
E io, nel frattempo, non vedo l’ora di avere 5 minuti liberi per giocare con questa piccola perla.

Però ci sono anche altri due titoli che mi stuzzicano: sono Final Fantasy Crystal Cronicles: My Life as a King, spin-off particolarmente gestionale della (mia amata) serie Final Fantasy

e Toki Tori, remake dell’omonimo puzzle game uscito anni fa su Game Boy Color

Banalità web 2.0

Ringrazio che San Google che ha portato a questo blog colui che ha cercato web design minimal oltre delle belle pubblicita, perchè – si sa – gli accenti non sono necessari, vero?
Saluto anche il (forse) fan dei Subs che ha visitato le mie pagine partendo da fanti pedine scacchiere di morte (Avete presente il testo di Piombo, vero?).
Mentre non capisco proprio il collegamento di questo blog con un pranzo inglese (inteso come lunch) al Rockfeller Center (sì, lo so, si scrive Rockefeller. Ma come faccio a raggiungere il googlista anonimo e spiegarglielo?) e con uno spizzico magenta.
Boh!
Cmq, ecco. Ora posso dirmi un blogger a tutti gli effetti. Già già.