Ho tantissimo da scrivere, sia qua sopra che altrove.
Ma in questo periodo vorrei occupare tutto il mio tempo libero con una cosa sola: dormire.
Ho tantissimo da scrivere, sia qua sopra che altrove.
Ma in questo periodo vorrei occupare tutto il mio tempo libero con una cosa sola: dormire.
Che poi, ero convinto di tutt’altro
E mi sbagliato.
Mi ero chissà perché incattivito nei tuoi confronti.
E invece siamo riusciti a parlare, con la scusa di parlare di altro.
Ed è tutto tornato a posto.
Perché nel giro di 5 minuti mi sei tornata quella persona allergica al contatto umano che tanto ammiro e apprezzo.
Mi mancherai un sacco, anche se in realtà non abbiamo mai avuto quel rapporto più profondo che invece avevi con altri e di cui sono sempre stato un po’ invidioso.
E poi tu non lo sai, ma lunedì mi hai fatto sorridere con quell’abbraccio ad una festeggiata. Perché sono due i casi: o hai fatto uno sforzo enorme per fare quel gesto o alla fine non è poi così tanto vero che sei allergica al contatto umano come invece vuoi far credere.
È alla fine è andata e parlando sinceramente, pensavo peggio.
Certo, prendere 2 cameraman e 2 maxi schermi che proiettassero indiretta quello che succedeva sul palco anche per chi era lontano era troppo.
Certo, potevano evitarsi tutti quei discorsi infarciti di inutile retorica e di messaggi promozionali ogni 2 canzoni.
Certo, potevano evitare di fare tutte quelle nuove canzoni tratte dal nuovo album (anche se la cosa inquietante era vedere gente che le sapeva e le cantava).
Però vedersi aprire il concerto con The Call, vedere dal vivo la coreografia di Everybody, risentire As long as you love me e vedere chiudere il tutto con quella bomba di Larger than life… Ecco, come dire: ne è valsa la pena.
Non sono neanche a metà giornata e ho già macinato un bel po’ di kilometri.
Ma la prospettiva della giornata sembrava interessante e alla fine lo è stata. Sia per cibo, che per paesaggi che per compagnia.
Ora si deve solo tornare indietro (sigh) e organizzarsi per i bsb (yeah!).
Era iniziata come una leggera tosse.
Ora la tosse è peggiorata, la voce non c’è più, la gola fa un male boia e anche il risveglio è stato un incubo, con una schiena completamente a pezzi.
Però questa sera c’è la presentazione del libro di L., a cui non posso mancare, domani è in programma in giornata una gita fuori porta e la sera mi attendono i Backstreet Boys ad Assago.
Quindi farò finta di stare bene fino a domani notte. Poi potrò morire in pace dall’alto dei miei ritrovati 15 anni.
Che poi alla fine domenica sono riuscito ad andare, per la prima volta nella mia vita, ad un concerto di Max Pezzali, insieme a G. e I.
Inutile dire quanto mi sia piaciuto, a parte l’inizio incerto con le canzoni del nuovo album (che non apprezzo molto) e una serie di lyrics backdrop piuttosto scialbi e amatoriali (ma dico io, anche il Times New Roman dovevano usare? Ci mancava poco che comparisse anche il Comic Sans!).
Inutile parlare delle emozioni nel ricordarsi ancora a memoria tutte (TUTTE) le canzoni e riuscire ad associarla ognuna ad un ricordo più o meno felice dell’infanzia.
E il tutto è stato apprezzato maggiormente visto che eravamo seduti in ottimi posti numerati. E questo è solo merito di G. che si è sbattuto per comprarli.
E quindi, il grosso cambiamento è ufficiale.
È una di quelle cose ai limiti della follia da “o la va o la spacca” o da “se non lo faccio ora, quando mai potrò?”.
Ma siate contenti e incrociate l’incrociabile per me.
Oggi, più di ieri.
Non sono uno che ricorda facilmente numeri e date.
Però riesco sempre a ricordarmi che oggi sarebbe il tuo compleanno.
E se ci penso, mi ricordo anche quel tuo numero di casa che componevo praticamente ogni pomeriggio e mi ricordo le telefonate lunghissime, passate sdraiato sul tappeto del corridoio, col filo della cornetta tirato rischiando di far cadere il telefono da un momento all’altro e parlando chissà più di cosa per ore e ore.
E penso che oggi avresti anche tu 29 anni e chissà costa staresti facendo e se saremmo riusciti a rimanere in contatto, nonostante il passare del tempo.
Lo ammetto: non ci ho mai creduto fino in fondo.
Perché sapevo che ci sarebbe stata troppa gente da gestire, troppe variabili da considerare e troppe poche persone veramente convinte di.
Poi abbiamo fatto tardi, tra apertitivi + torta in posti affollatissimi, tra la ricerca di noodles (chiusi) e la scorpacciata di arrosticini.
E poi arriviamo, c’è una coda pazzesca e ci arrendiamo, il gruppo si divide e ci muoviamo verso il Ricci con l’idea di bere qualcosa e ovviamente no, chiude.
Sconfitti decidiamo di tornare a casa, ma poi arriva una provvidenziale chiamata, inversione di macchina e via, pronti per ballare.
Il locale è strapieno, si muore di caldo.
Ma ci vuole un attimo e la serata parte per il verso giusto, tra incontri di amici e chiacchiere varie con perfetti sconosciuti. Finisce poi che arriviamo a chiusura e un bel ragazzetto semi ubriaco va dal tuo amico a chiedere il permesso di rubarti.
E a parte queste conclusioni di serata che solo al Glitter possono succedere, arrivi a pensare che è incredibile come ci si riesca sempre a divertirsi, uscendo con un sorriso stampato e una allegria esagerata.
E no, malfidenti, non è colpa della troppa vodka. Perché con quella ci sono andato leggero, dovendo portare a casa sana e salva una dolce donzella.