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Non tutto può sempre andare per il meglio

Altra lunga e faticosa giornata.

Mattina al lavoro davanti al fido Mac, pranzo veloce, corsa a Milano, prima riunione/colloquio.

E cavolo, ero in estasi. I sogni, i progetti, la voglia di fare, sperimentare, di provare questo e quello, di puntare sulle persone e sulla loro formazione.

Un lavoro che ispira tantissimo, ma mi fa anche paura, per la possibilità (responsabilità) di dover gestire completamente alcuni lavori. Ma anche per il campo in cui lavorano e le numerose possibilità di poter imparare dagli altri (bravissimi) che già ci lavorano.

Poi la corsa in metro per raggiungere l’altro appuntamento e una chiamata inaspettata da una grossa e famosa agenzia di comunicazione di Milano, a cui avevo mandato il curriculum un paio di mesi fa.

L’altra riunione, positiva. Il bello di spiegare le scelte, ragionare, ritrovarsi spiazzati dalle nuove necessità o da cose che si erano dimenticati di dirci.

L’arrivo a casa e la consapevolezza di avere ancora una volta fatto aspettare un’amico 2.0, sempre per questioni di un possibile futuro lavoro.

E un lungo scambio di messaggi con una persona che stimo molto per parlare male di uno sviluppatore. Scambio che è finito con la richiesta di un curriculum.

Non me la voglio tirare, ma tutto questo interesse mi fa piacere. Che poi non vuol dire nulla e magari va a finire che non riusciranno neanche ad arrivare alla fine del cv e lo cestineranno direttamente.

Ma queste cose mi rendono allegro, felice e pieno di speranze per il futuro.

Poi arriva una mail, leggi una frase e tutto sparisce. Una frase che mi fa sentire preso in giro. Una frase che mi fa rimpiangere la decisione di settimana scorsa.

Una frase che mi fa capire definitivamente che tutto quel quadretto per il futuro che mi era stato dipinto davanti agli occhi mesi fa è solo un’illusione. Perché mi immaginavo lavorare in un mondo che mi attira tantissimo e che mi affascina. E invece niente, nulla da fare.

Poi una puntata di The Walking Dead e una di Dexter mi hanno fatto dimenticare la questione.

E ora so solo che due persone aspettano curriculum e portfolio, ho un colloquio giovedì e una pagina pubblicitaria da preparare. Per le illusioni non ho tempo.

The longest one

Senza ombra di dubbio questo è stato il giorno più lungo della mia vita. Iniziato alle 8 di venerdì mattina e ora, alle 1:26 di domenica sono finalmente sotto le coperte.

Una giornata che chiude col botto una settimana pesantissima.

Lavoro, lavoro, email di lavoro, lavoro, riunioni, lavoro.

E il punto è che non sono soddisfatto. Ancora una volta mi sto chiedendo se ho preso la strada giusta o fatto l’ennesima scelta sbagliata.

Non lo so. Per il resto, buonanotte.

Che alle 8 devo svegliarmi di nuovo per finire delle cose.

Fidati, non è vero.

Una settimana tremenda, con troppe cose da fare, consegne che si accavallano, nervosismo e troppo poco tempo.

Però la cosa assurda (ed egoista) è che ho trovato un po’ di tempo per me stesso e sono andato prima ad una lezione di prova di fit boxe poi, la sera stessa, mi sono iscritto in palestra.

Abbonamento full-optional, per un anno. Ho scelto di pagare subito, che a sentire la parola finanziamento son stato male. Così mi hanno regalato altri 42 (42, sì) giorni gratis. In pratica, l’abbonamento mi scade a dicembre 2011. Ansia.

Oggi prima lezione seguito dall’istruttore per preparare la scheda. Credo influenzato dal buon Poto ho scelto il tapis roulant al posto della cyclette, poi qualche macchina infernale con pesi al minimo, poi ancora tapis roulant e poi niente, sono morto.

La sala attrezzi era mezza vuota, vista l’ora, ma c’era un tizio pompato e tamarro, con canotta grigia scura. In spogliatoio si è messo a parlare con un altro tizio. Prima di un locale, dove lui avrebbe lavorato nel weekend. Pensavo fosse un buttafuori. Ma quando ho iniziato a sentire faccio serata e il discorso è finito su Corona e Lele Mora e lui è caduto dal pero che no, ma vah, ma dove l’hai sentito, mica devi credere ai giornali, io quell’ambiente lo conosco, io ho vissuto con Daniele e conosco anche Costantino, fidati, non è vero.

Ammetto che non vedevo l’ora di finire di rivestirmi e scappare via. Ma fortunatamente ha finito prima lui. Niente doccia, sì è infilato su una maglia, si è cambiato le scarpe, ha indossato il piumino catarifrangente e via, se ne è uscito. Meno male.

Ora devo solo segnarmi giorno ed ora. Per sapere quando non allenarmi.

0061

Che poi, va a finire che in in questi momenti di pessimismo cosmico l’unica cosa che vorrei è andarmene da questa vita che mi fa sentire sempre meno a mio agio e riiniziare con una nuova, pulita e scintillante. Dall’altra parte del mondo.

C’è la gente normale. E poi ci sono io

Si dice che quando ha qualcosa dentro è peggio perché ci stai male ed invece devi buttarlo fuori, perché così ti sfoghi e stai meglio.

Ecco, no, non so se è una cosa che mi funziona. Più che altro perché io, quando tiro fuori le cose, va a finire che mi arrabbio ancora di più e sto peggio, quindi, forse, tanto vale tenermele dentro e starci male solo io piuttosto che soffrirne in due, dieci o centomila.

Quelle frasi, quelle parole, quei gesti

Sono fatto strano. E probabilmente già si sapeva.

Eppure sempre più spesso mi trovo a ripensare a frasi, parole, gesti successi uno, due, tre giorni prima e ci rimugino e rimugino e le analizzo e il più delle volte finisco per arrabbiarmi.

Perché sono un po’ stufo di essere quello che lascia sempre correre, una volta, due volte, tre volte.

Perché sono stufo che gli altri si preoccupino solo di loro stessi fregandose delle conseguenze che le loro azioni hanno su di me.

Sono stufo di battute che dovrebbero fare ridere su quello che sono, quello che faccio e come decido di vivere la mia vita, il rapporto con i miei genitori, il rapporto con gli amici e con il mio conto in banca.

Sono stufo di persone che si definiscono amiche e si ricordano di me solo quando hanno bisogno, tranne poi essere in grado di tagliare i ponti in un istante, senza dare spiegazioni, sparendo nel nulla.

Sono stufo di essere sempre l’escluso che scopre le cose per ultimo perché semplicemente si dimenticano di dirmele, di invitarmi, di avvisarmi.

Quindi, sinceramente, se le cose stanno così, tanto vale allontanarsi da tutto e tutti e vivere la mia vita per conto mio, fregandomene del mondo.

E se proprio volete, sapete come contattarmi. Ma tanto mica mi illudo.

Un raggio di sole nel buco del *censored* di un dinosauro

Fondamentalmente la gente pensa che siamo solo dei rompicoglioni, ma essere umorali è una cosa spossante. In un attimo la vicinanza si trasforma in distanza e quello che ci lega agli altri diventa quello che ce li fa percepire anonimi e lontani. E più lo stimolo scatenante è oggettivamente una cazzata, più ci incazziamo; e più le nostre reazioni sono irrazionali e sovradimensionate, più ci appaiono motivate e vincolanti, perché, nate dal nulla, cominciano a trovare la loro ragion d’essere nel fatto stesso di esistere, e si alimentano dei loro stessi effetti, e diventano distruttive, e più annientano più miseramente ci soddisfano. Ma noi dall’umore volubile queste dinamiche le conosciamo e abbiamo imparato a restare un po’ in disparte non appena percepiamo quel piccolo scollamento, quella distanza iniziale: aspettiamo il processo inverso e speriamo che nel frattempo qualcuno ci chieda quanto prima ma che hai?

L’originale lo trovate su Errata Corrige
Io l’ho solo fatto mio e modificato leggermente.

Cose che non c’entrano

Finalmente abbiamo visto Inception.

E ora ho tante cose in testa, che boh, non so veramente da dove cominciare. No, non sono legate al film, ma a quello che mi sta succedendo ultimamente, perché mi rendo che questo spazio sta cambiando e forse voi pochi lettori ultimamente non sapete più nulla di me, a parte quando scrivo per sfogarmi.

E comunque, cosa mi sta succedendo ultimamente? Beh, io lo direi con una sola parola: nulla.

O meglio, il tutto ripetuto sempre uguale, che alla fine equivale al nulla. Le corse, gli orari sballati, le lezioni, gli amici. Boh.

Sono in una fase in cui tiro avanti in qualche modo, con la differenza che dovrei sfruttare questi mesi per gettare qualche base solida per il futuro e invece mi infilo in un casino dietro l’altro e non riesco ad uscirne e va a finire che il modo migliore per uscirne è non fare nulla e lasciare che sia il tempo a cambiare le cose ma ahimè non le cambia.

Mi rendo conto che sto sfilacciando alcuni rapporti, ma non perché ne stanno sorgendo di nuovi, ma semplicemente perché non sono mai nel momento adatto per alimentarmi. È un periodo in cui la gente mi rincorre e io sfuggo una volta, due volte, tre volte.

Poi, certo, ovvio, mi offendo quella volta che succede a me e non è tanto corretto, ma mi rendo anche conto che paragono una cosa ai limiti del metaforico (sopra) ad una situazione e un caso specifico in cui mi viene solo da pensare: stronzi.

E quindi, niente.

Me ne vado a letto che forse è meglio

6:54

Essere buttato già dal letto prima delle 7 per stampare qualcosa che non ho neanche capito cosa. Mia madre in ansia, quindi le urla e la sua incapacità di spiegarsi. Le stampanti spostate in giro per casa, perché è più facile spostare qui e là delle laser che non aggiungere la batteria al portatile e andare in giro con quello. Le urla, quel computer che non ha driver delle altre stampanti. Il file salvato in open office che non si apre su Numbers. Altre urla, il tempo perso per metti, converti, esporta, riapri, reimpagina, stampa, cazzo perché fa schifo. Le urla, perché a quanto pare me ne frego di lei e la prendo in giro. La vittoria, la consegna del foglio, il ciao ciao, il dammi i soldi che dopo vado a comprare il toner per la tua. E lei che se ne esce candida candida con un “ma guarda che la cartuccia è lì nel cassetto della mia scrivania”.