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Che vengano pure a darci fuoco

Ma non ho paura. Sono incazzata. Che vengano pure a darci fuoco, ma quando la discoteca è piena. Un onda colorata gli si ritorcerà contro. Ne hanno timore. Che ce lo vengano a dire in faccia che gli facciamo schifo quando ci amiamo e ci baciamo come tutti coloro che si amano. Saranno travolti d’amore.

Noi non abbiamo paura. Noi siamo incazzati. Anche se siamo la minoranza più pacifica del mondo, da sempre.

Via Wordwrite

Quello che pensavo sul mancato accorto RAI-Sky e che ora mi viene confermato da qualcuno più autorevole di me

La trattativa Rai-Sky si è conclusa esattamente come era stato denunciato a suo tempo: niente accordo e fine del rapporto. In un momento di forte crisi dovuta al calo dell’entrate pubblicitarie (250 milioni di euro) la Rai ha rinunciato ad un contratto di 350 milioni (minimo garantito per sette anni). Bisogna essere chiari, chi paga il canone ha il diritto di saperlo: chi ha deciso di non rinnovare ha creato un danno economico all’azienda e si è ben guardato dal raccontare quale sarà la conseguenza che tale decisione avrà sulle strategie industriali ed editoriali.

[…]

Cosa significa la fine del rapporto Rai-Sky? Prima di tutto la fine dello scopo per cui è nata l’unica società in attivo del gruppo: Raisat. La consociata è composta da circa quaranta dipendenti di cui dieci dirigenti, la maggior parte con stipendi pesanti, da direttori, che andranno a gravare sul futuro bilancio Rai (Masi ha denunciato che causa il crollo pubblicitario il bilancio del 2009 chiuderà con un passivo tra i 100/130 milioni di euro). Raisat acquistava dalla Rai, per conto Sky, i diritti di programmi, film, materiale di repertorio, per un totale di 20 milioni di euro l’anno (in dieci anni ha portato nelle casse della tv di Stato oltre 200 milioni), inoltre deteneva i diritti del più prestigioso talk: il David Letterman Show (in previsione del mancato rinnovo contrattuale Sky in cinque minuti ha acquisito direttamente i diritti dello show americano).

Via Antefatto

Alla fine gliel’ho detto

Alla fine gliel’ho detto.

Gli ho detto: la prima innovazione sarebbe quella di non fare mai più convegni sull’innovazione come questo. Ero nell’auditorium di Confindustria, mica nel tinello di casa.

Seduto al centro del tavolo presidenziale a mezzaluna, davanti a una platea che sonnecchiava ormai da un paio d’ore.

Facciamo un tavolo! era stata la proposta di uno del tavolo. No, facciamone quattro! aveva rilanciato un altro, evidentemente più ambizioso. Quattro bei tavoli e ci rivediamo tra un anno attorno a un quinto tavolo e vediamo quanto siamo stati innovatori!

Sembrava una riunione di falegnami.

Allora gli ho detto: mai più. Mai più un convegno sull’innovazione che non sia trasmesso in diretta su internet per dare modo a tutti di partecipare. Mai più in una sala senza wi-fi per collegarsi alla rete durante i lavori.

Mai più, ma questo sarebbe ovvio, in un posto dove non c’è nemmeno la presa per attaccare il pc e tutti scrivono a mano mentre parlano convinti della necessità di “digitalizzare l’Italia”. E mai più tavoli, gli ho detto. La digitalizzazione di questo paese non è una roba di destra o di sinistra: è una cosa da fare subito, senza tanti discorsi, copiando gli altri che l’hanno già fatta. Al limite il tavolo si fa online: una pagina wiki, dove tutti possano partecipare e postare idee.

Così è nata Wikipedia: do you know crowdsourcing? No, probabilmente.

Almeno a giudicare dal decreto anticrisi arrivato qualche giorno dopo: annuncia sconti del 50 per cento sulle tasse “per chi investe in macchinari”.

Bello, giusto. Quali? Quelli della cosiddetta tabella Ateco. Cioè? Rubinetti, tubi, pompe, forni, cuscinetti, gru…

Tutto, tranne l’hardware e il software.

L’innovazione del tubo.

Questo il coraggioso (e giustissimo) editoriale di Riccardo Luna su Wired Italia #6, quello di agosto.

Lo ammetto, il primo editoriale editoriale che apprezzo.

Che poi, in realtà, leggerlo qui sul web in plain text magari perde, ma leggerlo su Wired, con quel gioco sapiente di font-size è tutta un’altra storia.

Titolo e contenuto (per non parlare delle implicazioni del non scritto)

Buone notizie! “Pestaggio in piazza Bellini, presi gli aggressori di Maria Luisa“.

Peccato che poi, leggendo l’articolo, il tutto viene un po’ ridimensionato.

Diciamo che, ecco, non è che li hanno presi. Si sono presentati più o meno spontaneamente con tanto di avvocati al seguito. E hanno ammesso, candidi candidi loro stavano litigando con un suo amico, lei si è messa in mezzo, urlando loro brutte parole e cosa potevano fare, se non picchiarla, duramente, fino ad arrivare al rischio di farle perdere la vista? Però, ecco, è stato tutto un equivoco. E l’accusa di omofobia è tutta una montatura.

In ogni caso, sono stati denunciati per lesioni gravi. Omofobia? Forse. Ma sarebbe, nel caso, solo un eventuale aggravante.

[L’articolo poi si conclude con dei commenti sulla manifestazione per il g8. Perché?]

Via Fireman