Archivi categoria: un mondo malato

Quando rimane solo la forza di citare

Volevo scrivere qualcosa. Perchè sinceramente non ce la faccio più. Ogni giorno succede qualcosa. Qualcosa che non mi piace, che mi fa orrore, che mi fa star male. E non ne posso più. Anche se c’è chi dice che hanno appena iniziato.
Volevo scrivere qualcosa. Ma non ne sono in grado.

E riesco solo a citare SecondoMe:

Cos’è allora che mi rende inquieto? E’ l’aria che respiro in giro, è il rischio che la sola presenza al governo di una coalizione di destra faccia sentire i gruppuscoli violenti in qualche modo giustificati nel loro agire. Anzi no, ‘giustificati’ non è la giusta parola, ché di giustificazioni questa gentaglia non sente il bisogno. ‘Forti’ è la parola giusta. L’esistenza di una maggioranza che sentono (a torto) come amica li fa sentire forti, e né più né meno dei bulletti delle scuole medie (come età mentale, d’altro canto, siamo lì) il sentirsi forti li rende coraggiosi. E il sentirsi coraggiosi li spinge a fare le azioni eroiche come quella di ieri.

E allora quale può essere l’uscita da questa situazione? A mio avviso il primo necessario, fondamentale passo DEVE essere quello della durezza politica nei confronti dei responsabili. Il corso giudiziario della vicenda sarà seguito chiaramente da chi di competenza, le Forze dell’Ordine prima e il Potere Giudiziario poi. Ma la Politica, in questo caso gli esponenti di maggioranza, dovrà riuscire, non solo con brevi dichiarazioni che possono essere scambiate per frasi di circostanza o per frasi dovute, a far sentire deboli, soli, politicamente incostistenti questi gruppi. Bisognerà creare un vuoto pneumatico attorno a queste formazioni, e ciò non si potrà fare fino a quando non si comincerà ad abbandonare la politica della non accettazione del Diverso. Sarà difficile, perché è una delle componenti che ha portato al dilagare della nuova maggioranza nel Paese, ma riuscire nell’intento potrà costituire un epocale punto di svolta nella nostra vita Civile.

Per le strade si percepisce ormai da tempo un pericoloso desiderio di eliminazione del Diverso, che viene accettato solo in quanto si conforma ad un canone di normalità assolutamente autarchico:
Si accettano gli omosessuali SOLO SE fanno le loro porcherie di nascosto (mentre io, Normale, posso godermi gli sculettamenti delle Veline mentre mangio il pollo a tavola…), SOLO SE poi non vogliono essere riconosciuti come una famiglia (certo, si ameranno pure, ma mica possono fare figli, e allora che vogliono? Cosa? Potrebbero adottarli? E poi che strane bestie verrebbero su, mica sono Normali!), SOLO SE servono a rimarcare la propria normalità (”Io rispetto i gay, lo sono anche alcuni dei miei amici…”).
Allo stesso modo si accettano gli extracomunitari, anzi gli stranieri, SOLO SE sono completamente in regola con le regole dell’immigrazione, anzi SOLO SE sono abbastanza in regola con l’immigrazione e hanno un lavoro, anzi SOLO SE sono vagamente in regola con l’immigrazione e fanno un lavoro che mi torna in qualche modo utile… Insomma SOLO SE mi fanno comodo. Altrimenti, tornassero pure a morire di fame al loro Paese, anzi paese con ‘p’ minuscola, ché i Paesi con la ‘P’ maiuscola sono solo quelli che diciamo noi…
E si potrebbe continuare con tanti altri Diversi, che nascono dalla volontà di non riflettere sui problemi e cercare un modo per risolverli, anche con regole più o meno rigide purché efficaci, ma dalla volontà di individuare un Nemico sul quale far ricadere la colpa di questo o quel problema. La drammatica conseguenza è l’identificazione per chi non ha gli strumenti culturali per percepirne la differenza, tra eliminazione del Nemico ed eliminazione del problema.

E finché non si comincerà a lavorare su quest’ultimo punto, possiamo urlare e strepitare quanto vogliamo, ma non ci sarà alcuna soluzione, perché agitare le braccia mentre si precipita in un burrone non è mai servito ad attutire la caduta.

E il saggio Kurai:

La mia maestra delle elementari era una signora minuta e gentile, con i capelli corti e i modi fintamente severi. Era comunista. Tanto da presentarci la Pravda come esempio di giornale obiettivo. Ci raccontava della guerra, dei campi di concentramento, del fascismo e della resistenza.

Noi bambini delle elementari chiedevamo come le persone avessero potuto permettere tutto questo. La maestra rispondeva invariabilmente che le persone non riuscivano a realizzare quel che davvero stava succedendo. Erano come incantate, accettavano tutto quel che non le toccava.

Il mio professore di italiano delle medie era un uomo con gli occhi azzurri e la passione per le piante. Ci raccontava delle sementi di azalea che Manzoni si faceva mandare dall’amico Fauriel e poi coltivava con passione in quel di Brusuglio. Anche lui parlava spesso del fascismo e della resistenza.

Noi ragazzini delle medie chiedevamo come le persone avessero potuto permettere le violenze e le efferatezze di quegli anni. Il professore rispondeva invariabilmente che le persone non riuscivano a realizzare quello che stava succedendo. Vivevano in una sorta di incanto collettivo.

Al liceo abbiamo avuto la fortuna di incontrare Liana Millu. Liana ha scritto un libro bellissimo e struggente, “Il fumo di Birkenau”, nel quale racconta la sua esperienza da reduce di uno dei più feroci lager nazisti. Io feci una vignetta molto stupida per celebrare quell’incontro. Liana ricambiò immeritati complimenti e una meravigliosa dedica sul libro. Mentre scriveva, leggevo nei suoi occhi un’unica richiesta. Quella di non dimenticare mai. Liana Millu era già molto anziana, e se ne andò qualche anno dopo. Credo che abbia lasciato a me e a molti altri ragazzi che ha incontrato nel corso della sua vita una responsabilità non da poco.

Anche a Liana, i giovani liceali chiedevano come fosse possibile aver permesso tanta crudeltà. E anche lei rispondeva come tutti gli altri.

Esattamente come ha scritto Hannah Arendt ne “La banalità del male”. Il problema grosso è l’indifferenza, l’accidia stupida e crudele di chi volta le spalle perché l’affare non lo riguarda.

Io non credo in fondo sia possibile ripetere quegli errori. Oggi il controllo delle masse passa per mezzi più subdoli, ma spesso meno violenti. Però vedo le molotov nei campi ROM. Vedo i ragazzi malmenati o uccisi da persone che ora si sentono in qualche modo protette dal potere. Vedo le leggi sull’immigrazione che ricordano tristemente quelle razziali, e i CPT fare il prossimo passo verso il lager diventando CEI. Vedo bengalesi che si perdono in città essere portati dai carabinieri da un sindaco troppo “zelante”. Sento parlare di esercito in città e marina a pattugliare le coste. Sento tante cose che la gente già accetta senza un accenno di protesta.

E un po’ mi preoccupo di quello che stiamo diventando. E vedo che non sono l’unico. Saremo abbastanza attenti?

Senza parole

Sono senza parole.
Heat Ledger è morto. E me ne dispiace. Perchè era un bravo, ottimo attore. Che forse ha toccato il suo apice con l’ottima interpretazione ne I segreti di Brokeback Mountain. E che ci avrebbe stupito tra poco, indossando la maschera di Joker nell’attesissimo film di Batman.
Ma, a parte questo, una morte, un presunto suicidio, fa stare sempre male.
Ma, che siano perfetti sconosciuti o divi di Holliwood, una cosa è fondamentale. Il rispetto, in quanto uomo. Il rispetto, in quanto morto. Il rispetto per il dolore che l’ha portato a una tragica fine. Il rispetto per il dolore della sua famiglia e dei suoi cari.

E mi lasciano senza parole certe dichiarazioni. Come quella della Westboro Baptist Church (www.godhatesthefags.com) che ha diramato un comunicato stampa, in cui annuncia che picchetterà il funerale di Ledger, un “pervertito… [che ora] si trova all’Inferno e inizia a scontare la sua pena eterna”.

Heath Ledger thought it was great fun defying God Almighty and his plain word; to wit: God Hates Fags! & Fag Enablers! Ergo, God hates the sordid tacky, bucket of slime seasoned with vomit known as ‘Brokeback Mountain’ – and He hates all persons having anything whatsoever to do with it.Heath Ledger is now in Hell, and has begun serving his eternal sentence there – beside which, nothing else about Heath Ledger is relevant or consequential.

 

Questo non è giornalismo

INFORMATICA LA RIVALITÀ
Apre il primo store in Campania nel 2008 venderà anche l’iPhone Gioco, lavoro e multimedialità: l’identikit dei due schieramenti
MARIAGIOVANNA CAPONE I fan dei computer Macintosh sono entusiasti. Ma l’altro esercito del web, i rivali che mai rinuncerebbero a cliccare sulle «finestre» Windows, non demordono affatto e si difendono. Ha appena aperto i battenti il primo e unico Apple Store autorizzato della Campania, e il duello si riaccende. Gli uni contro gli altri armati di mouse. In piazza Carità, nel premium seller «No Code» sorridono Francesco e Claudio, 24 anni ciascuno, preparazione da veri «secchioni» dell’informatica, che supervisionati dal direttore dello store, Gianluca Sampagnano, sono pronti all’ennesima disfida che appassiona e divide il popolo di internet. Sui tre piani dello store sono esposti tutti prodotti leader della Apple, a cominciare dagli iPod, feticcio del terzo millennio con i suoi dieci milioni di pezzi venduti soltanto nei primi quattro mesi del 2007 e con un incremento sullo stesso periodo nello scorso anno del 21 per cento. Ma anche accessoristica indirizzata ai prodotti Apple, dalle auricolari agli impianti audio, dalle bag per notebook fatte su misura e dai colori sgargianti ai software dedicati. Un negozio che per molti napoletani rappresenta una specie di Disneyland della tecnologia, un paese dei balocchi dove «adottare» un computer con cui si farà un bel pezzo di strada insieme. E nonostante l’opening party, una vera e propria convention con la presenza dei vertici di Apple Italia, si terrà soltanto sabato prossimo, i napoletani, tra diffidenza (quella dei seguaci storici di Bill Gates) e curiosità ( quella dei fan di Steve Jones) parlano già da settimane dello store a due passi da via Toledo. In prima fila quelli del visitatissimo portale napoletano «imaccanici.org», che ha perfino registrato un video dal titolo «Quando il Mac ti cambia la vita», messo poi su You Tube, in cui accompagnano proprio nel negozio di piazza Carità il comico Enzo Fischetti. Eugenio, Franz e Stefano dispensano consigli e informano sulle novità del mercato a una comunità appassionata e fedele alla società della mela, che nella filosofia del «think different» basa la propria vita. Il fatto è che l’universo informatico è davvero basato sull’eterna lotta «Apple vs Microsoft», dove questi ultimi sono una massa eterogenea e incostante (ma comunque più diffusa così come i software per Xp 2000) e i primi una setta di fanatici che venera la propria macchina, consapevole del proprio stato elitario. E poi ci sono loro, le gemme di casa Apple: iPod, iTouch (l’iPod con lo schermo) e Aperture, che di sicuro in migliaia si troveranno sotto l’albero stando alle prenotazioni. Senza contare l’attesa per gli iPhone, i rivoluzionari telefoni capaci di tutto. Con l’apertura dello store «No Code», nome preso in prestito da un famoso album dei Pearl Jam, Napoli si candida come capitale del Sud Italia di una élite fedele ed esigente. E la sfida si riaccende.

La fonte? beh, qui. Ma guai a voi se cliccate. Perchè ho riportato io il testo integralmente. E mi sembra già abbastanza patetico di suo. iPhone Gioco (cos’è?)? “della Apple”? Le auricolari? Steve Jones? L’orrore grammaticale “in prima fila quelli del portale , che HA persino registrato un video”? Windows Xp 2000? l’iTouch (che è un iPod con lo schermo – ci mancherebbe solo quello..), Aperture (che si troveranno in migliaia sotto l’albero?).

Patetico. Patetico. E patetico.