246 – Conchita

A parte quanto già brevemente detto ieri sull’Eurovision, c’è una cantante che merita un sacco di parole. E si tratta della concorrente austriaca, Conchita Wurst (sì, quella che l’autocorrettore del mio iPhone ha fatto diventare un Conchita We Trust).

Ci sarebbe da dire molto, perché avrebbe molto da insegnare a tutti noi.

La sua è stata un’esibizione perfetta sotto tutti i punti di vista, per nulla urlata o esagerata. Non è una baracconata come spesso pensiamo tutte le volte che vediamo una drag queen esibirsi. Eppure, quando la sapiente regia arriva con calma al suo volto, dopo 1 minuto di esibizione, ti stranisce perché vedi la sua barba, su un bellissimo viso dai tratti femminili. Ma è un dattaglio di pochi secondi, poi non te ne accorgi pi perchéperché sei rapito da tutto il resto: la musica, la voce, la regia, i backdrop, da quel

Rise like a phoenix
Out of the ashes
Seeking rather than vengeance
Retribution
You were warned
Once I’m transformed
Once I’m reborn
You know I will rise like a phoenix
But you’re my flame

E ve lo ammetto: scrivendo queste righe, con la canzone nelle orecchie, non riesco a non avere gli occhi lucidi. Perché è brava, bravissima e non ha paura di come appare all’esterno e di come gli altri la possono giudicare.

 “I would like youngsters and children to grow up knowing that the way you are is fine.”

Watch: Conchita Wurst speaks out against bullying and intollerance

Ma tutto questo l’ha detto meglio il mio caro Matt Brendan nel suo Perché siamo tutti un po’ Conchita Wurst, che consiglio di leggere tutto e non spoilerarvi questa citazione finale:

Conchita ha dimostrato che per essere bravi non bisogna essere donne biologiche super sensuali o maschi barbuti super virili. Si può essere anche una via di mezzo. Ed è una cosa importante sia per la comunità LGBT che rappresenta (perché troppe volte, ancora, ci si ferma alla parola GAY e non si va oltre), ma anche per tutti gli altri, che hanno problemi ad essere loro stessi senza sentirsi giudicati.

Ieri sera, appena nominata la qualificazione dell’Austria, la sala stampa è esplosa in un applauso infinito. Perché siamo un po’ tutti Conchita. E per una volta vorremmo che vincesse qualcosa di più di una mera immagine.

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