Non c’è dubbio.
È la mia specialità .
Quella di prendere, perdere e fermarmi.
Immobilizzato, come se nel momento in cui il cervello si accende, tutto il resto non ha più energia per fare nulla.
E così, partono i pensieri.
Su oggi, ieri e domani. Sulle cose da dire e da fare. Sui sogni da realizzare e quelli infranti. Sugli errori, sulle speranze. Sugli amici, sui colleghi, l’ufficio e l’uni. Sul tg e sui giornali, su di me, me e me. Di quanto sono bello e brutto, stupido e intelligente. Di come potevo gestire meglio quella situazione o di come invece sono stato bravo a gestirla. Sulle frasi dette e pensate. Sugli amici di oggi e quelli di ieri. Sugli amici vicini e quelli lontani. Soprattutto quelli lontani, che non vedo, non sento, mi mancano. Ma mi manca anche chi è molto più vicino.  Pensieri su come organizzare la giornata successiva, quando fare le varie consegne, sul freddo e su quanto è bello l’inverno. Penso a frasi, lette, sentite, che rimangono intrappolate e vengono lette, sentite, di nuovo, all’infinito. Per sviscerarne il significato più recondito, per imprimerle indissolumilmente o semplicemente per farle andare via, ma rimangono invece blocccate.
E tutto non ha senso. Perché è la solita inutile accozzaglia di pensieri che si scontrano. Senza un perché. Perché è inutile pensare a quel che non c’è più o a ciò che non si può ottenere. Perché è inutile perdere tempo a rimuginare su cose non dette, non fatte o ormai dette e fatte male, sbagliando. Perchè non ha senso organizzare il futuro se poi non si riesce a tener fede neanche al più semplice todo appuntato su un post-it volante.
Eppure succede. E quando succede, va avanti all’infinito. Percéè sono troppo sensibile all’esterno. Tutto viene immagazzinato e rielaborato. E perdo tempo, imbambolato. Oppure non dormo, fissando il soffitto, mentre mi accorco, con orrore, dei pensieri che corrono.
E non ha senso, ora. Perché fa freddo, è tardi, è tempo di andare sotto le coperte.
Però non ne ho voglia. Oppure ho paura. Paura di quel che succede prima del sonno, paura di chiudere un giorno in cui poco é stato fatto, paura di avviarsi verso il domani.
Quanto mi ha commosso, questo post!
Ci ho trovato tanto di me, forse troppo, perché non mi venisse il magone.
Però Lore credimi, non è vero che non ha senso tutto ciò. Il senso ce l’ha proprio perché succede; il senso ce l’ha perché succede a noi.
Poi possiamo interpretarlo come vogliamo: come un campanello d’allarme, come la spia di un disagio, come un sintomo, come una sfida. L’importante è non stupirci che ciò avvenga: avviene perché fa parte di noi.
Davanti a certe mie difficoltà interiori una volta mi chiedevo solo “Perché? Perché proprio a me?” . Oggi me lo chiedo ancora, ma mi rispondo: ” Perché no? Perché agli altri e non a te?”.
Per dirla tutta, sto cercando di non sentirmi troppo il centro dell’Universo.
Succede.
Se non fossimo lì a rimuginare continuamente non saremo quelle splendide “macchine” (alla fin fine) perfette che sono gli esseri umani.
Saremo degli animali, senza troppe complicazioni.
CI si sveglia, si caccia, si mangia, si dorme.
E invece no. Si pensa.
E non una volta sola, milioni di volte.
Sul passato, sul presente e sul futuro.
Siamo perfettamente uguali… solo che ho la fortuna che Morfeo, quando si decide, non lo ferma nessuno.
Ma questi pensieri, a volte veramente “noiosi” perchè troppo incalzanti, ho imparato a circumnavigarli: basta continuare a rimandarli.
Con la certezza che prima o poi arriveranno i nodi al pettine ma si spera che nel frattempo abbia fatto un po’ di pratica nella vita e sappia affrontarli meglio.
Anche se è una scusa… più o meno.