È passato un anno.
E quella vocina che ti dice di prendere il biglietto del ritorno e stracciarlo sta parlando sempre più forte. Quasi urla.
È passato un anno.
E quella vocina che ti dice di prendere il biglietto del ritorno e stracciarlo sta parlando sempre più forte. Quasi urla.
Come al solito, miliardi di cose da fare, troppo poco tempo per farle tutte, voglia scarsa e una troppa stanchezza, sia fisica che mentale.
Ansia perché sembra impossibile fare tutto, perché di nuovo mi ritrovo incastrato in dinamiche che non mi piacciono ma, con la mia incapacità cronica di dire dei no fermi e di essere gentile, carino, disponibile e preoccuparmi prima degli altri e solo poi di me, non sono capace di uscirne fuori.
E ci si trascina, come al solito, vivendo un giorno alla volta, fino a che, veramente, non si arriverà al punto di rottura. Di nuovo.
Sai, Bergamo, in fondo mi dispiace di averti trascurata così tanto, di averti vissuto così poco nell’ultimo periodo.
Non sono più riuscito a esplorarti correndo, cambiando strada ogni volta seguendo il verde dei semafori, per poi ritrovarmi su salite impossibili o noiosi pezzi in piano.
Non ho più preso e fatto giretti per il centro, giusto per fare due passi, vedere la poca vita che ti anima in settimana e osservare come sei bella quando dormi.
Non sono mai riuscito a esplorarti a fondo quanto avrei voluto. Non sono più riuscito a vedere la Carrara, Città Alta ha ancora molti punti a me sconosciuti. Non ho approfondito a dovere la tua night life del weekend.
Però questa sera ti ho vissuto. E non alla maniera del pendolare che cammina veloce verso la stazione e non pensa a te.
No. Questa sera è stata la sera di due chiacchiere con un amico, un bicchiere di rosé in quell’enoteca che tanto mi piace e poi due, tre, quattro passi, da piazza Pontida a Porta Nuova e poi indietro per viette e poi di nuovo avanti verso a Porta Nuova. Un po’ in circolo, un po’ a caso, persi dalle nostre chiacchiere.
E sai, Bergamo, il tuo silenzio, i tuoi ritmi rilassati e la tua eccessiva sonnolenza mi piacciono, mi mettono tranquillità e serenità . E so già che mi mancheranno, così come mi mancherà la possibilità di alzare gli occhi davanti a me e vedere Città Alta, splendida sempre a ogni ora del giorno e della notte.
Mi son reso conto che se non ci provo neanche a organizzare qualcosa per il compleanno, non ci posso rimanere male per quelli che danno buca.
Praticamente, ieri sera ho perso le chiavi di casa.
Giustamente me ne sono accorto solo una volta arrivato davanti casa.
Penso di essere così stordito da essere uscito senza chiavi, senza chiudere casa e provo a citofonare ai pochi vicini che conosco.
Sarà l’età media elevata nel palazzo, sarà l’ora magari un po’ tarda, nessuno risponde.
Panico.
Ovviamente, il cellulare è giustamente scarico (basta giocare a Ingress, basta!).
Mi convinco che sì, ho lasciato le chiavi di casa in ufficio, sulla scrivania, sicuro.
Torniamo a Milano!
La macchina è parcheggiata davanti casa, ma le chiavi sono in casa.
Quindi corro (circa, visto la stanchezza) in stazione a prendere il treno back to Milan.
Salgo sul treno, che ovviamente è un Garibaldi e non un Centrale diretto che ferma a Lambrate.
Prendo il Mac, attacco il cellulare, inizio ad allertare mezza gente.
Chiamo i miei. Discussioni a non finire.
Intanto faccio preoccupare amici e amiche che però mi riempiono il cuore offrendosi di venirmi a prendere o ospitarmi per la notte.
Arrivo a Garibaldi.
Scendo in metro, ma non ho il biglietto.
Evito di usare quella figata dell’app visto la batteria scarica.
Litigo con le macchinette dei biglietti che hanno deciso di non leggere né la CC né il Bancomat. Grazie di esistere AMEX.
Prima metro persa, che era quella giusta. Il successivo passa qualcosa come un’infinità di minuti dopo.
Torno in ufficio, sperando di non fare casino con l’allarme.
Niente, sulla scrivania non ci sono.
Sarebbe stato troppo bello per essere vero.
Intanto arriva mio padre, che propone insistentemente di tornare al paesello, fa niente  degli amici che abitavano a Milano e che mi avevano proposto di stare da loro a dormire. Queste cose non si fanno, disse il genitore.
Intanto cresce fame, che ormai erano le 23 e io ovviamente non avevo ancora cenato.
Stamattina partiamo prima delle 7 per Bergamo
Arrivo davanti casa.
C’è l’uomo delle pulizie.
È la persona che praticamente conosco meglio del palazzo!
Mi apre cancello e portone.
Vado al pianerottolo.
Mi avvicino cauto alla porta.
Le chiavi erano lì nella toppa.
E vissero tutti felici e contenti.
Non so perché ultimamente mi viene da scrivere solo quando la malinconia mi pervade.
Forse è colpa di questi giorni di tranquillità in casa, in questo appartamento così bello che però non sono riuscito a sfruttare fino in fondo.
Così sono sul divano e guardo intorno e vedo quelle mensole cariche delle mie passioni, quel bellissimo tavolo rotondo, la sala luminosa e spaziosa.
Ed è assurdo, ma inizio già a provare un po’ di nostalgia, sempre se si può definire così, ma anche un po’ di paura per quello che arriverà poi.
C’è questa cosa che vedo tutte le vostre foto su Instagram di tavole imbandite, cenoni da 50 persone, alberi di Natale strabordanti di luci, decorazioni, regali.
Ecco, io no.
È un po’ più faticoso e solitario. Non c’è così tanta atmosfera, così tanta gente, così tanti soldi spesi in regali, così tanti filtrini per l’Instagram.
Persino vedere gli amici di sempre una volta tornato al paesello è stato un po’ problematico, tanto che la voglia di rientrare subito a casa mia è stata tanta tantissima.
Però poi c’è stato quel pacchettino Amazon arrivato dallo UK, quei messaggini con quelle persone che ci si perde sempre di vista, quel paio di buone notizie in arrivo.
C’è stato un po’ di tempo per riposarsi e ricaricare le energie sul divano e sotto le coperte. E iniziare a pensare a quello che succederà tra un paio di mesi e a tutto quello da pensare e preparare per evitare di arrivare così tardi e all’ultimo. Ma poi si vedrà .
2016, confido in te, sai?
I am gay.
Wow, it feels good to write those words. For most of my life, I’ve been afraid to embrace that truth about myself. Recently though, I’ve gotten to the point where the pain of holding onto the lie is greater than the fear of letting go, and I’m very proud to finally be letting my guard down.
My sexuality has been something I’ve struggled to come to terms with. I’ve known I was gay since I was a kid but growing up in a town of 2,000 people, a class of 48 kids and then turning pro as an athlete when I was 16, it just wasn’t something I wanted to accept. I pushed my feelings away in the hopes that it was a passing phase but the thought of being found out kept me up at night. I constantly felt anxious, depressed and even suicidal.
Looking back, it’s crazy to see how far I’ve come. For so much of my life I’ve dreaded the day that people would find out I was gay. Now, I couldn’t be more excited to tell you all the truth. Maybe you’ve suspected that truth about me all along, or maybe it comes as a complete shock to you. Either way, it’s important for me to be open and honest with you all. Y’all have supported me through a lot of my highs and lows and I hope you’ll stay by my side as I make this transformation into the genuine me – the me that I’ve always really been.
I am so thankful to ESPN for giving me this opportunity and to Alyssa Roenigk for telling my story to the world. I think about the pain I put myself through by closeting myself for so much of my life and it breaks my heart. If only I knew then what I know now: that the people who love you, who really care about you, will be by your side no matter what; and, that those who aren’t accepting of you are not the people you want or need in your life anyway.Â
Part of the reason that I had such a difficult time as a kid was that I didn’t know anyone in my position and didn’t have someone to look up to, who’s footsteps I could follow in. I hope to be that person for a younger generation, to model honesty and transparency and to show people that there’s nothing cooler than being yourself and embracing the things that make you unique. Head over to ESPN.com or click the link in my bio to read the full story and keep your eyes peeled for the November issue on newsstands soon! #outinsports#comingout#gay#beyourself#bornthisway
Via Facebook
Alla fine sono state due settimane allucinanti.
Per fortuna che c’è stata quella parentesi di EXPO, con i Londinesi back in Milan e la solita cena nel solito posto.
Per fortuna che c’è stato un weekend per riprendere un po’ le forze.
E c’è anche stato un lunedì decisamente produttivo: certo, qualche scazzo qua e là è inevitabile, però il bilancio è assolutamente positivo.
Poi però le cose cambiano e proprio quando pensavi di avercela fatta, scopri che no.
Certo, eri un illuso a pensare il contrario, per la voglia di piangere fortissimo c’è e non te la toglie nessuno.
È un periodo strano, di nuovo.
Sto vivendo da mezzo eremita separato dal mondo, senza vedere praticamente quasi nessuno.
Abito a Bergamo, ma sembra sia difficile riuscire a organizzare qualsiasi cosa con gli amici del paesello o di Milano. Beh, nel senso: ovviamente sono sempre e solo che devo muovermi. Loro fare uno sforzo per venire a trovarmi, no. Poi lo proponi una volta, due volte, tre volte, alla quarta ti arrendi e fai spallucce.
Qui alla fine non sono riuscito a costruirmi un giro. Non si era mai riuscito a organizzare qualcosa con gli ex-colleghi quando ancora erano colleghi, figuriamoci se si riesce ora che sono ex.
Il progetto grande e spaventoso va avanti. E a rilento. Dico spaventoso perché è grosso e importante ed è una sfida per me. E c’era una prima parte che mi faceva paura e mi ha lasciato letterarlmente imbambolato a fissare uno schermo bianco senza sapere da dove cominciare. Eppure, superato l’ostacolo iniziale, sono in realtà molto soddisfatto dal risultato ottenuto finora.
Il problema però è di tempo: non è infinito e non ce la faccio a lavorare più di 8-9 al giorno. E la maggior parte del tempo è assorbita da un altro cliente che ha la priorità perché alla fine è quello che mi assicura entrate costanti a fine mese.
Però ci sono tanti boh nella gestione e nella collaborazione, che rendono difficile e faticoso il tutto.
Ci sono contatti che aspettano un cv e un portfolio aggiornato, ma torniamo al problema del tempo che manca, della forza che non sempre c’è.
C’è anche da capire cosa fare con questa casa. Questa bellissima casa. Ci stavo pensando questa mattina: la sala era inondata da una bellissima luce. Guardavo quell’angolo dove i divani si avvicinano, dove c’è quel mobiletto antico, la lampada e dietro i vasi IKEA con i rami che tanto mi piacciono. È bella. È accogliente, ma non riesco a farla vivere come vorrei. E tra qualche mese scade il contratto e bisogna decidere cosa fare dopo.
Tenere questa casa? Cercare altro su Bergamo? Cercare a Milano? Lasciare definitivamente l’Italia?
Sì, perché c’è la voglia mettermi di nuovo in gioco. Dare l’ennesimo colpo di coda e vedere come va. O forse fuggire di nuovo. Ma in realtà , ormai da cosa sto fuggendo, che sono lontano da tutto?
Però per il lavoro ho il solito problema: troppa esperienza in quello che non voglio fare da grande, troppa poca in quello che invece vorrei. E ha senso re-iniziare da junior a 30 anni e qualche mese?
Non lo so.
È come se mi sentissi in balia di forze esterne a me che non riesco a controllare molto.
Un giorno va bene e passa, l’altro invece pesa ed è faticoso.
E non lo dico, non ne parlo più con i diretti interessati, ma sento tantissimo il peso di questa solitudine. E direi che ormai ho la certezza che non è tanto vero che sono un orso capace di vivere da solo. Anzi, l’esatto opposto.
Certo, c’è l’hangout e le chattate (soprattutto con una cara amica dall’oltremanica, che ha dimostrato più e più volte quanto ci tiene a me), c’è lo snapchat, c’è il Facebook e il Twitter.
Però alle volte vorrei anche vedere occuppate tutte le sedie intorno al mio bellissimo tavolo rotondo.