10 – ferie

E così, avendo praticamente saltato le ferie estive, è il mio turno di prendere qualche giorno di riposo dall’ufficio.

Il problema è che ci sarà da capire bene come riempire questi 10 giorni. Ok, la parte finale è già bella piena e occupata con un progetto folle che si spera – incrociando le dita – vada a buon fine.

Il problema principale sarà gestire l’inizio e quella prenotazione in albergo per una singola, in una città semi-sconosciuta, lontano da tutto e da tutti, solo con me stesso.

9 – rientri

Una settimana iniziata quasi in sordina e poi improvvisamente decollata sotto le lame di un frullatore di cose da fare che ti sballonzolava di qua e di là e non sapevi più dove mettere la testa.

Poi oggi capita di uscire all’orario adatto per essere in macchina, imboccare lo svincolo per la A4 per Torino e vedere davanti a te un cielo di quelli che ti toglie il fiato.

 

8 – silenzioso rumore

C’è questa cosa che mi accorgo capitarmi sempre più spesso.

Arrivo a casa, lascio la macchina in giardino senza alcuna voglia di portarla in garage, apro la portiera per scendere, prendo in mano il telefono e poi finisce che mi distraggo dietro a qualche notifica.

E rimango così, seduto sul sedile, con la portiera aperta. Intanto le luci del giardino e della macchina si spengono, l’aria fresca della notte entra nei polmoni e sono circondato dal buio e dai rumori della notte sileziosa.

Qualche macchina che passa sulle strade vicine, a volte il rumore del vento e delle foglie, altre volte nulla più.

Ed è meraviglioso.

6 – pulito

Non so come diamine facevi, ma mi ha sempre fatto incazzare la noncuranza con cui salivi sulla macchina nuova e riuscivi sempre a sporcare la portiera destra con le tue scarpe.

Ora l’ho pulita.

Ma adesso mi fa incazzare il fatto che non ci sei più a sporcarla.

4 – Color

Ieri è stata la giornata della Color Run.

Ed è stata qualcosa di indescrivibile.

Lo ammetto: man mano che si avvicinava il giorno, cresceva in me un senso di preoccupazione (ce la farò ad arrivare alla fine?) e di ansia (cosa mi metto?). Infatti era molta la paura per l’equipaggiamento, la paura che il colore non andasse più via e di dover buttare nella spazzatura ogni cosa. Poi è subentrato il “ma chi me la fatto fare”, bello attivo e costante camminando (con i colleghi <3) da Lotto verso il punto di ritrovo a San Siro e ancora di più mentre sotto il sole eravamo in coda per prendere braccialetto e pettorina.

E poi no. Recuperi la maglietta, ti metti la pettorina, sistemi la fascetta in testa, qualche foto prerun e via!

Inizi a goderti la musica, le 10mila persone intorno a te, la massa che si accalca per la partenza. E ti rendi conto che c’è di tutto: giovani e meno giovani, gruppi di amici e amiche, sposi e spose, tizi sui trampoli, bambini, bimbi in carrozzina.

10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1, partenza!

E tenti di prendere il ritmo, uscire dalla massa che va piano, ritagliarti un tuo spazio. E arriva senza fatica il primo chilometro e il primo colore. E poi il secondo. E poi inizia a farti male il piede, ti fermi per togliere quello che credi un sassolino e invece no. Ma ormai hai perso il gruppo e il passo e il piede fa troppo male e cammini. Tranne poi sentire in lontananza della musica ed acceleri e riinizi a correre e cerchi i volontari che ti devono sporcare di colore e cerchi gli obiettivi dei fotografi, perché sì che ti stai divertendo. E poi di nuovo il dolore, il ritmo rallenta, fino a quando un I don’t care, I love it! in lontananza ti carica e corri verso il rosa e poi verso l’arrivo.

E ritrovi gli altri, che non hanno fatto tanto prima di te e ed è tutto un’esplosione di foto, di sorrisi, di musica e balli, di color blast sotto il palco.

E poi il rientro. Mai vista una metro così allegra e colorata. Mai viste così tante facce stupite nei passanti che si trovavano davanti queste 6 persone piene di colore dalla testa ai piedi. Mai capitato di sorridere a perfetti sconosciuti solo perché sono conciati come te. E tutta quell’ansia per “chissà se verrà mai via il colore” sparita. Anzi, rimane una macchia sulle scarpe? Meglio così 🙂

The Color Run: the happiest 5k on the planet! 

E ora la domanda è: quand’è che la rifacciamo?

3 – Propositi

Tutto è riassunto in questo video:

Mi rendo conto di essere troppo attaccato al telefono, soprattutto quando sono fuori con altri. Perché già di base c’è il check-in da fare, la foto da instagrammare, il tweet da scrivere con l’hashtag giusto. E poi ci sono i messaggi, le notifiche, le mail in push. E poi fai una cosa, ti capita di tappare su facebook e dici “leggo 3 secondi e poi chiudo”.

Ed è troppo, in effetti. E mi son reso conto che lo trovo fastidioso, soprattutto quando io non potrei fare lo stesso (vuoi perché impegnato alla guida o perché – banalmente – il mio è scarico).

E forse, forse tutto ciò non ha senso.

In ufficio è venuta fuori una bella discussione a riguardo. M. come suo solito ha offerto un punto di vista non banale sull’argomento (che io ovviamente riuscirò ad esprimere nel modo sbagliato): i telefoni (e i social nwetwork) ci danno anche molti spunti di parola e di discussione (la news, il video scemo, l’update dell’amicoincomunechenonsivededaunavita). E il tutto sta nel tenerli come spunto, nel lanciare l’occhiatina e non esagerare, dedicando troppa attenzione al telefono e non alle persone.

Ma invece lo spunto per farlo diventare un buon proposito arriva da P.

E il punto è di cambiare quelle brutte e fastidiose abitudini ormai consolidate.

E questi sono i propositi a riguardo che voglio riuscire a mettere in pratica:

  • niente più risvegli social: il resto del mondo può aspettare, non c’è bisogno di attaccarsi al telefono appena svegli, durante la colazione, prima della doccia, mentre mi sto vestendo;
  • in macchina si guida, al massimo si controlla il navigatore;
  • in metro o in treno ok per ascoltare musica e mi concedo al massimo la lettura degli update da Feedly. O, sarebbe meglio, un 3DS, una PS Vita o un Kindle;
  • in giro con gli amici: il meno possibile.

Ce la farò? Beh, poco alla volta. Poi c’è un anno di tempo per raccontarvelo, giusto?