Ok: siamo al punto in cui è finita l’euforia dei cambiamenti.
Ed ritornata la paura. Su tutto. A 360°.
Ok: siamo al punto in cui è finita l’euforia dei cambiamenti.
Ed ritornata la paura. Su tutto. A 360°.
È un periodo che in un modo o nell’altro, rimango indietro con tutte le cose da fare: non importa che siano cose di lavoro, lavori extra, passioni, robe per la casa, conti o altro.
È una disfatta totale su tutti i fronti.
E tutto questo insieme di cose da fare, tutte e troppe è anche fonte di qualche preoccupazioni e grattacapo. E ci vorrebbe qualche weekend in più per riuscire affrontarle tutte e iniziare a sfoltire quella lista e riprendere controllo delle mie ansie, che non stanno per nulla giocando in mio favore.
Uff.
Il punto è che in un modo o nell’altro si arriva sempre punto e a capo, come se nulla fosse cambiato, come se nulla potesse cambiare.
Per quanto ci si sforzi, gli sbagli vengono perpetrati all’infinito, per poi essere trascinati in una spirale di ansie e paure da cui non si riesce ad uscire.
E l’essere così da solo non fa altro che peggiorare le cose.
Volevo scrivere qualcosa.
Ma l’essere sotto le coperte mi fa solo chiudere gli occhi su questa faticosa giornata.
Ho trovato questo post in bozza da fine 2012 e non so perché non l’abbia mai pubblicato, né ricordo se era finito così o se avrebbe dovuto esserci altro.
Per ora lo pubblico, poi si vedrÃ
Quando ti volti e guardi tutti i tuoi ricordi inizi a intuire quanto dev’essere stato difficile, e cominci a capire chi sono i tuoi genitori in realtà , le scelte che hanno fatto e quelle che sono state fatte da altri al posto loro, e dopo tutte le risate, le lezioni, e l’amore, comprendi che i genitori sono solo bambini diventati grandi e solo allora ti rendi conto di quanto sia difficile in realtà il mondo e quanto sei davvero grato a loro per il sacrificio che hanno fatto per amarsi, e per amarti.
Guarda indietro, e poi guarda avanti. La maggior parte dell’Europa non riconosce questa famiglia
C’è che ti svegli la mattina sul FatBoy su cui ti sei addormentato la sera prima provando per l’ennesima volta a guardare senza addormentarti a metà quella cosa stupenda che è The normal hearth.
E ti alzi, sistemata in bagno e prendi ed esci di casa per colazione e un giro in questa città che tanto ti piace.
Non stai fermo un secondo che non riesci a non pensare quanto vuoi bene a questa città così bella e che ti sembra così umana e rimani estasiato a guardare Città Alta che sbuca lì in fondo alla via.
Punti un paio di bar per una colazione con i fiocchi, ma incontri davanti al suo ufficio il ragazzo che ti ha affittato per più di un mese la stanza che ti è servita come appoggio temporaneo e lo saluti, ci parli e ti porta lui a fare colazione e ovviamente non riesci a tirar fuori il portafogli che aveva già fatto tutto lui.
E poi giri per il centro. Da Zara a prendere finalmente quella tovaglia rossa di cui ormai ti sei convinto (anche dopo approvazione di mr. Tessili di casa) e poi da Kasanova e poi trovi uno Swatch store che sta aprendo e poi da Coin Casa, dove trovi un punto Nespresso che riesce a farti usare il buono omaggio anche se tecnicamente era scaduto e hanno l’Aeroccino che provi e te ne innamori ancora di più e non resisti dalla voglia di averlo e lo compri. E poi un salto al Carrefour per prendere delle mele e dei limoni e poi di nuovo da Kasanova a prendere una grattugia così hai tutto l’occorrente per farti quella mela grattuggiata con limone che tanto ti piace. È quella cosa che in realtà ti ricorda casa, l’essere a casa con la febbre e una mamma che si prende cura di te e ti fa quella mela così perché è l’unico modo in cui – da viziato quale sei – l’hai sempre mangiata.
E gli iMesssage con gli amici, girando ancora per il centro un po’ a caso molto a zonzo, giusto per trovare miliardi di camioncini RAI con antenne di trasmissione montate su gru e scopri che in giornata passa il giro della Lombardia.
Torni verso a casa, qualche altro vocalo e poi ci sei. Appoggi a terra i sacchetti, FatBoy e AppleTV a tutto volume con una canzone che da ieri ti è rimasta in loop.
Con tutta la calma del mondo balli in giro per casa sistemando cose, pulendo, mettendo in ordine, cantando.
E poi decidi che è il caso di scrivere qualcosa e quelle parole in loop che non riesci neanche a cantare a squarciagola perché hai un pianto in gola che ti spezza la voce. Ma va bene, perché sei contento così. Ed è bello.
These are the days that we’ve been waitin’ for
And days like these you couldn’t ask for more
Keep them coming cuz we’re not done yet
These are the days we were born to get
Esattamente 6 anni fa mi sceglievo quel nick che anche oggi mi porto dietro qua e là sui Social.
Vola il tempo, ma il ricordo del perché di quel nick rimane. Una speranza perché qualcosa cambiasse.
E oggi, a distanza di 6 anni, direi che molte cose sono cambiate ma tra tutte una: ora come ora mi sento di definirmi felice e soddisfatto di me.
Abbiamo passeggiato per il centro così, di notte, senza alcuna metà .
Abbiamo chiacchierato per un bel po’, in inglese, perché sei qui da Aprile ma non hai ancora imparato una parola in italiano, ma va bene così.
Non facevi altro che canticchiare quel “another one bites the dust” e io ti andavo dietro con quel “and another one gone, and another one gone”.
Poi abbiamo scoperto di avere poco in comune musicalmente parlando, a parte Lady Gaga, Adele, Macklemore. E tu conosci artisti italiani che io mai avevo sentito nominare.
Siamo passati davanti ad un manifesto di un festival jazz e siamo impazziti con i cellulari a capire dove fosse, tranne poi scoprire che era nel palazzo del Comune, di fronte a noi.
E ci siamo seduti e abbiamo continuato a chiacchierare. O meglio, tu a parlare, io a sorridere.
Perché ormai è quello che faccio quando sto bene e non so cosa dire.
Testa appoggiata contro testa, in una sera che si faceva sempre più fredda e tu pazzo indossavi solo una t-shirt.
Non so come siamo finiti che ti ho fatto vedere le magliette sbagliate e tu ridevi e inorridivi.
Poi siamo finiti in home, hai visto che avevo l’ultima versione di Cut The Rope che non avevi mai provato e ti sei perso dietro ad Om Om.
Intanto giochicchiavi col mio braccialetto. E alla fine l’hai preso, me lo hai sfilato dal polso e lo hai inserito sul tuo, sorridendo, dicendo che stava meglio a te che a me.
Hai aggiunto che me l’avresti restituito la prossima volta che ci saremmo visti e mi hai salutato, mandami poi via messaggio quel bacio che non mi hai dato su quella panchina.
Grazie grazie di cuore per tutto.
È stata una giornata fantastica, veramente. Ho visto la mia casa vivere e riempirsi con la vostra presenza. Ed è proprio così che voglio la mia casa: piena di gente e amici e chiacchiere e risate, mentre il tempo corre velocissimo e noi non ce ne rendiamo conto.
Mi son reso conto che stiamo crescendo, ognuno ha fatto un passettino nella sua direzione e forse io sono quello tra tutti che ha fatto il passo più lungo. Eppure c’è sempre modo di vedersi, passare del tempo assieme.
E ok, tutto quanto scritto non non è sicuramente scritto in modo sensato, ma sono quasi le due di notte, sono a pezzi e mi sono già addormentato 2 volte nello scrivere queste righe sconclusionate e sono a pezzi e stanco, ma proprio proprio contention.
Oggi è una di quelle giornate in cui ti ricordi di quello che per te è un amico e inizi a rivalutare chi ti sta attorno.
Ed ovviamente ci rimani male, ma forse poi ti rendi conto che hai caricato di inutili aspettative persone che forse non ci tenevano così tanto a te.
E così niente, ci rimani un po’ male perché la tua affollata cena di domani sera non sarà così tanto affollata. Ci rimani male perché chi comunque volevi ci fosse di più, tra gli altri, neanche ti ha degnato di una risposta.
E niente: pensi invece a chi sarà e pulisci e pulisci e pulisci perché la tua casa ti piace e domani deve essere uno splendore, per te e per i tuoi ospiti, perché è giusto così.