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187 – cucina

Che poi, per il momento, la mia sopravvivenza è messa a dura prova dalla mia totale incapacità in cucina (e dall’odio profondo verso pentole e fornelli).

È più forte di me: mi stufo e mi annoio a stare vicino ai fuochi. E sicuramente è un circolo vizioso, perché stufandomi ed annoiandomi non ho mai imparato a cucinare nulla e quindi mi stufo e mi annoio proprio perché non so farlo.

Però, dai: qualche piccolo passo in avanti è stato fatto. Lunedì ho barato preparandomi una insalata + tonno. Martedì ho aspettato che qualcun altro preparasse il pranzo. Ma oggi ho dovuto fare da me.

E magari a voi sembra poco, ma vi assicuro che riuscire a preparare una pasta al pomodoro, con un decente risultato, per me è una grande conquista.

186 – regime

Il problema di questa nuova avventura è che di base non ha ritmi e regole imposti da altri.

È tutto lasciato alla tua capacità di organizzarti, di darti delle scadenze e di rispettarle.

Ed è una sfida, quando sei chiuso in casa con tante distrazioni (dalla playstation a Netflix all’internet intero).

Però, come di diceva un caro amico, è solo questione di tempo e di abituarsi ad un nuovo regime.

183 – destino

E poi ti ritrovi per un gioco di casualità e destino con un vecchio e caro amico, per 2 chiacchiere e un aperitivo che poi si allunga ad una cena che poi si allunga al dopocena.

E sembra di tornare indietro nel tempo e sembra di essere di nuovo felice e contento.

Good 🙂

182 – goodbye

C’è chi mi ha detto di prendere la rincorsa e saltare al livello successivo;

C’è chi mi vede già in cima alla bandierina:

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C’è chi mi ha mandato inglesissimi “Whishing you all the best.”, con tanto di koala:

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C’è chi ha prodotto e mi ha regalato strani santini:

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C’è chi mi ha augurato di andare e stenderli tutti:

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C’è chi pensa che il McDonald abbia chiuso perché io – affezionato cliente – lo stavo per abbandonare;

C’è chi mi ha fatto un regalino veramente apprezzato, soprattutto per la dedica così engaging:

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Chi mi ha mandato cuori confermandomi di essere sulla strada giusta:

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C’è chi mi ha salutato con le lacrime agli occhi (e ne ha fatte scendere anche a me);

E poi ci sono io, che ho chiuso il tutto con un “So goodbye, and thanks for all the fish (semicit.) ” e un aperitivo semi improvvisato con quei pochi che potevano.

E quindi è ufficiale: quei 2 anni 2 mesi e 5 giorni in cui è successo di tutto sono finiti.

E porterò nel cuore un bel po’ di ricordi, cose belle e brutte, cose importanti e cose stupide, tra la fatica di quattro traslochi di stanza, le feste (troppo) alcoliche e le creatività degli inviti sempre al top, tutte le sigarette (non?) fumate, i caffé, il cacio e pepe e il sopracciglio sempre alzato, gli aperitivi, i pranzi e le cene, i fotoMantaggi, il “colpire qui con la testa”, i timer e chi non li faceva partire, l’odore di cervelli fritti, i poveri concetti strettati, i tanti post-it, i cuori e gli unicorni, il piattone e lo sfocatone, le mail con animaletti pucci, i gioielli commestibili di Gino, i crash di photoshop, i file cancellati dal server, il fluidifica, la guerra per la mayorship su 4sq, quella fantastica colorrun, i “lori, c’è posta per te”, le urla dalla stanza di fronte e gli sghignazzi da quella a fianco, il tardare tanto da porter salutare l’omino delle pulizie o quella volta che sono arrivato per primo la mattina e mi son trovato una porta mezza sventrata, le lunghe liti per decidere i colori delle pareti di una stanza che presto non sarebbe stata più nostra, il soldi regalati al McDonald che ha chiuso, le infografiche, i corgi e darcytheflyinghedgehog, quel 4° piano sbagliato e la peste bionda del 5°, la macchinetta del caffé che si bloccava sempre e le “ora butto tutte le schiscie dalla finestra!”, il “caricami ho fame” e tutti i post-it a forma di cuori con su disegnati dei cuori e altri importantissimi messaggi, le colazioni e le infinite scuse per mangiare una torta insieme, le amicizie più o meno profonde e le confidenze che ne derivano.

So goodbye, and thanks for all the fish (semicit.)

 

 

181 – tardivo

Un rientro a casa faticosissimo, talmente faticoso che l’unica era quella di cambiarsi, mettersi direttamente il pigiama e sperare di riuscire a mangiare qualcosa cucinato da qualcun altro, mentre qualcuno su WhatsApp ironizzava che “è per non perdere l’allenamento”.