14 gradi e mezzo di alcool possono rendere facile il divertimento per un ragazzo e una ragazza.
14 gradi e mezzo di alcool non possono nulla contro quel pizzico di ragione che ancora rimane nella mente di anche solo uno dei due.
14 gradi e mezzo di alcool possono rendere facile il divertimento per un ragazzo e una ragazza.
14 gradi e mezzo di alcool non possono nulla contro quel pizzico di ragione che ancora rimane nella mente di anche solo uno dei due.
Non lo so, magari sono strano io.
Però trovo le parole scritte forti, capaci di cambiare il mio stato d’animo in un nanosecondo.
E oggi, oggi è successo due volte.
Prima, con una mail di ieri sera e letta solo a mezzogiorno. Mi ha decisamente risollevato.
Poi, l’sms che ho ricevuto tornando a casa dalla stazione. L’ho letto una volta arrivato a casa. E mi si è gelato il sangue, leggendolo. Sono stato un po’ imbambolato e velocemente ho pensato a tutti i risvolti della cosa. A ciò che non c’è più e quanto mi faccia stare male la cosa.
E poi ci sono altre parole.
Quelle dette a voce.
Ma per lo meno quelle, da ieri mattina fino a chissà quando, in questa casa, sono bandite.
Il bello delle autorizzazioni.
Chiesto al Comune: si tutto ok, va bene, venite sabato mattina a prendere il documento!
Avvisata la società che gestisce la borsa: si, ok, tutto bene.
Arriviamo in piazza Affari: bandiere, polizia, carabinieri.
Si erano dimenticati che c’era un importante conferenza sulle regioni, con personalità di spicco.
Ovvero… È dalle 9 di questa mattina che attendiamo di poter girare. E speriamo che prima o poi tolgano quelle bandiere e quegli striscioni.
Inutile dire che i caribinieri/poliziotti ci hanno fermato n^2 volte per chiederci permessi e autorizzazioni e cosa facciamo e perché.
E pure quelli della security del palazzo della Borsa. Ma perché, per come, ma quindi suonate e fate baccano?
Il bello delle autorizzazioni.
Già , complimenti.
Giornata mediamente pesante.
Dopo la mezza delusione degli incomprensibili voti del laboratorio, ci voleva un pomeriggio per staccare.
Un pomeriggio passato rinchiuso in una cantina a litigare con luci e le gelatine mancanti, le ombre, gli specchi, gli spazi angusti, le linguette da farfallare e le inquadrature, le troppe sigarette fumanti e un televisore non sintonizzato.
Già .
Videoclip making.
Io sto solo dando una mano. Oggi, documentando il backstage, domani come comparsa, prossimamente forse come aiuto montaggio/effetti speciali.
Eppure la cosa mi piace, mi attira.
Non tanto il girare, quanto tutto quello che ci ruota attorno.
E poi le risate, l’intesa, il bello di sentirsi parte di un progetto, il montare e lo smontare, la volontà e la stanchezza.
E domani si ripete. Un po’ più in grande, visto che il set diventerà piazza Affari, Milano.
Sperando che il signor tempo sia clemente e riempia di nebbia il centro.
Sarebbe perfetto.
Ieri sera.
Volevamo andare al Nottigham Forest, bar “molecolare” milanese.
Ma noi quattro (io, Byb, Rosa & Tino from Bubus) siamo stati rimbalzati.
Sgrunt.
Dicevano che il locale era pieno. E forse era pure vero, visto tutta le gente che aspettava fuori.
Così, non sapendo dov’altro andare, siamo finiti al (solito?) Lelefant.
Tra le fauci di un cameriere che si continuava a dimenticare di noi e una colonna sonora fatta da Britney, Madonna e ancora Britney e Madonna. Che poi, voglio dire, svegliarsi un po’ e aggiungere anche la GaGa alla playlist, no?
Comunque, locale praticamente deserto, rispetto agli standard. Ma fortunatamente i cocktail rimangono buoni e con un alto tasso alcolico.
E non solo al locale, ma anche passeggiando per le vie di Porta Venezia e poi in macchina, riaccompagnado gli stranieri al loro dimora temporanea, abbiamo parlato, parlato e parlato.
E la serata è passata veloce, anche troppo.
Oggi, che poi è già ieri.
Nottata sveglio a far tavole.
Ore di attesa per una prima revisione assolutamente demoralizzante.
Altre ore e ore e ore e ore (fino alle 20.00) di attesa per una seconda revisione. Più utile, meno demoralizzante ma ugualmente portatrice di altro lavoro.
Un bidello che mi si avvicina e mi apostrofa con un “ma è lei il professore?”.
Un consorte che arriva in Bovisa Beach giusto quando stavo uscendo dall’edificio giallo e via di corsa verso un aperitivo, arrivando ovviamente in ritardo.
Aperitivo passato decisamente troppo in fretta. Discorsi iniziati, persi, incrociati, mai finiti. Con due personcine che più le vedo, più le apprezzo, più sento che mi ci sto affezionando, pure. E una terza è sulla buona strada.
Poi il ritorno. Il disco di Adele, di sottofondo, scoperta grazie allo Stef tempo fa. Conciliante. Per il sonno. E di fatti…
E poi l’arrivo a casa.
Pigiama, online per scrivere queste insulse quattro righe.
E poi il calduccio delle coperte, prolungabile a lungo: domani, in uni, si va solo al pomeriggio.
È che voi due mi mancate.
Ma non c’è sms, email, tweet che possa raggiungervi e farci sentire più vicini.
Te l’ho mai detto che ti adoro? No?
Ti adoro.
Grazie davvero 🙂
Stai bene?
Inutile dire che (anche) io – questa ragazza – la adoro.
E non lamentatevi della grammatica dell’ultima frase. Thanks.
Metti un gruppetto di amici a quanto pare ben affiatato.
Pensa al Momo, sui Navigli, come perfetta location per l’evento.
Metti un paio di outsiders e uniscili al gruppo, sebbene uno dei due voglia affogare l’altro nel Naviglio.
Pensa a me come uno degli outsider, quello affogabile, con tutti i miei difetti: l’incapacità di riconoscere le persone, una timidezza iniziale tremenda ed imbarazzante. Poi le solite cose, i soliti discorsi. Tra cui il racconto (logorroico) della mia fabulous life che riesce addirittura a prendere strane derivazioni (qualcuno ha detto Pet Society?).
Beh, dire… il tempo è volato. Ed anche in fretta.
E sono contento di aver fatto nuove conoscenze e di aver finalmente “concretizzato” un’altra, a cui – sinceramente – tengo.