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Ripetizioni

Questo bell’errore è successo di nuovo. Ma se prima era con un post creato con il “blog this”, questa volta il post l’avevo scritto tutto io, di mio pugno (o dovrei dire polpastrelli?).

L’errore però è venuto fuori non dopo un’aggiornamento del post, ma proprio al momento della pubblicazione. Eppure il post c’è ed esiste. E gli arriverà pure il trackback di questo post, vero?

Bah.

Considerando quindi che quest’errore sta succedendo un po’ troppe volte, non esiste praticamente nessuna informazione a riguardo e che di tanto in tanto continuano ad arrivarmi errori di connessione al DB quando faccio login, sono due le ipotesi: o il blog mi sta abbandonando oppure è (come al solito) colpa di TopHost. Meglio cambiare, neh?

Cambio di rotta?

Mi sto rendendo conto che ultimamente scrivo poco.

Faccio solamente del buon reblogging, in puro stile thumblr. Ovvio, non di tutte le cose che vorrei segnalare, ma solo delle migliori, solo quando ho tempo.

E forse questo blog sta un po’ cambiando, non sta più raccontando qualcosa di me.

Non è una modifica voluta. Succede.

O forse è semplicemente inconscia, a furia di sentire certi di discorsi su cosa deve essere privato e cosa pubblico.

Deliri [di un sabato pomeriggio]

È che a volte sei stufo di tutta questa popolarità. Di persone che ti conoscono, leggono, ma non hanno il coraggio di commentare, mandarti una mail o scambiare quattro chiacchere e affrontare l’argomento.

E allora hai solo voglia di avviare la CyberPaperella, fare login sul tuo account effetipì, fare un mela-a e un mela-del e poi premere yes, delete. Forever.

Poi passeresti diretto a Facebook.

Ma tutto per cosa? Per poi avere di nuovo bisogno di un blog. E quindi cercare un nuovo nome, un nuovo theme, reinventare te stesso online. Sì, cambiare pelle si può. Ma a che prezzo?

E allora rimani qua. Confidi nell’intelligenza dei lettori guarda che so anche non te lo dico, perché ecco, insomma, il problema l’hai espresso più e più volte. Ma niente, niente, niente.

E allora che si fa?

Boh, non so.

Anzi, no, chissene.

E me ne torno di sopra a fare le tavole e ad ascoltare gli Honeycut.

Forse è stato cancellato?

Forse l'hai cancellato? 

 

Forse è stato cancellato?

 

Stai provando a modificare un articolo che non esiste. Forse è stato cancellato?

No, caro WordPress 2.7, non l’ho cancellato. Quell’articolo, creato col Blog This! è vivo e vegeto qui, come puoi ben vedere. E scommetto pure che appena premo pubblica, comparirà pure il trackback al post, vero?

In ogni caso, io vorrei poterlo modificare. E salvare anche le modifiche fatte. E invece no, non posso.

Cattivo WordPress!

PS: qualche super-esperto sa perchè lo fa?

Aggiornate subito?

Ci è voluto più tempo a fare il backup di tutto (intuilmente) che non ad installare la nuova versione.
A livello estetico, ne vale assolutamente la pena.
Peccato però che non riesco a passare dalla modalità di edit post visuale a quella html o viceversa: se clicco, scompare completamente la finestra di edit. E sono bloccato nella modalità HTML. :(((

Update: Problema risolto: era un mancato aggiornamento della cache di Google Gears. È bastato eliminare l’autorizzazione al blog dal pannello di controllo di GG  e poi riattivarlo dalla dashboard di WP -> strumenti -> strumenti.

Comunicazione [politica] 2.0 dall’altra parte del Mondo

Sì, la notizia è un altra. E per le cose seriose, vi rimando direttamente al lungo post del Byb.

Però io volevo sottolineare (e in parte citare) quanto già fatto notare dallo stesso Byb alla fine del suo post.

È stato reso pubblico il piano della futura amministrazione Obama. Ovviamente è comparso anche sul sito. Non più BarrackObama.com, ma su change.gov.

Ora, il Presidente è stato scelto. E ora non di deve comunicare il nome, la persona. Ora si deve comunicare il cosa, il come. Ora si deve agire, operare, cambiare. E in tutto questo il Presidente, per quanto importante, passa in secondo piano.

Un sito realizzato a tempo record, con la solita classe e gusto del vecchio.

Non solo comunicazione “dall’alto”, ma anche una minima possibilità di interazione. Quel “Tell us a story” che campeggia nella home, quel Submit your ideas alla fine del post che riassumeva i risultati dell’incontro del team che si occuperà di energia e ambiente, il blog aggiornato anche più volte al giorno e un “Apply now for a job” alla Casa Bianca o in qualche dipartimanento per una non-carreer position.

Boh. Pazzesco.

E il paragone con la situazione italiana… lasciamo stare..

I nostri politici conoscono blog solo per il DDL “Anti-blog”.

Forse. Magari non hanno neanche letto quel decreto legge.