Altra giornata in ufficio.
Assolutamente dimenticabile.
E la conferma del permesso per domenica ancora non è arrivata…
Altra giornata in ufficio.
Assolutamente dimenticabile.
E la conferma del permesso per domenica ancora non è arrivata…
Sei una grafica.
E continui a chiamare blu DNews così quel colore.
Quasi lo stesso nome che usa il cliente, che ha almeno la decenza di chiamarlo azzurro.
Beh, devi sapere che quel colore ha un nome.
Si chiama Ciano.
E quel colore è uno dei 4 colori base della quadricromia.
Quella cosa con la strana sigla CMYK.
C come ciano.
E a memoria, il colore usato da DNews è un ciano puro.
E se non lo è, poco ci manca.
Avevo chiesto un permesso, un po’ all’ultimo, per un impegno improvviso in università .
Poi, mi son sentito in colpa, perché c’erano le elezioni, miliardi di cose da fare, nuove meccaniche di lavoro non ancora ingranate.
E mi sono offerto di passare comunque in ufficio una volta finito e fare chiusura, dopo una giornata in giro, in piedi, stanchissimo e con la testa semplicemente distrutta.
Il risultato è che mi sono preoccupato per nulla. Gente che è andata via prima, che lavorava più che tranquilla, per non dire cazzeggiare.
E questa è solo la prima parte del ringraziamento. Perché, insomma, avvertire che potevo stare tranquillo e tornare a casa, no? Tanto arriva il fesso.
La seconda parte è arrivata oggi.
Mentre ero in pausa, la mia collega ha inviato al cliente le bozze (che io ho preparato) della nuova grafica. Ovviamente mi hanno riferito che usava il singolare majestatis, verso sè stessa, come unica creatrice del layout.
La nuova grafica è piaciuta subito e dopo, quando anche io ero presente, il cliente ha richiamato (lei) per delle modifiche (che io dovrò fare) che non hanno alcun senso nell’insieme del progetto.
È vero che il cliente è il cliente e ha (quasi) sempre ragione, però io avrei fatto presente alcuni grossi problemi che insorgono nella realizzazione di quelle modifiche. Ma tanto la grafica l’ha fatta lei, quindi senza batter ciglio ha detto che sì, sarà fatto. Non subito, però, perché ormai la settimana è già finita.
Già , perché la mia settimana (di part-time) è finita, torno in ufficio domenica e… ops! Lei quel programma non lo sa usare!
Lo ammetto. La voglia di lasciare tutto è tanta, sempre di più. La situazione è sempre più insopportabile. Non è un ufficio, è un asilo Mariuccia in cui lo sport preferito è spararsi alle spalle e tendere tranelli al tuo prossimo. La voglia di potermi dedicare interamente allo studio, lavorare per conto mio, ai miei orari e alle mie condizioni. Però, è rischioso e non assicura entrate certe. Sicuramente non nel breve termine, ma anche nel medio/lungo non ci sono garanzie. E lasciare ora, un lavoro fisso e indeterminato, con la crisi che c’è, è pura follia.
Risponde d’istinto (e male) a chi pretende di fare il mio lavoro.
Oggi, poi, che uno deve pure lavorare per due.
È che a volte ci si da il cambio.
Chi rientra dalla malattia e chi va in malattia.
È il momento delle discussioni edificanti in ufficio.
Tema di oggi: fare il bucato, stendere e stirare.
I consigli di oggi?
Poi, boh. Ammetto di non aver più seguito…
È che qui si sta seguendo sul Live View della Gazzetta.it il rimpallo dei rigori.
Con un lag tremendo da un computer all’altro, osserviamo il nostro destino più vicino formarsi…
Qualcuno faccia saltare ora la corrente in ufficio.
O almeno stacchi il cavo ethernet dall’hag di Fastweb.
O anche solo qualcuno oscuri YouTube.
Così almeno i colleghi la smettono di mettere e cantare quella canzonaccia che è arrivata seconda a sanremo.
I colleghi oggi erano tristi. Perché Povia è ingiustamente arrivato secondo.
Quand’è che inizio a cercarmi un altro lavoro con dei colleghi che accendano i collegamenti bocca/cervello/orecchie?
Qui mi dicono che ho uno sguardo da serial killer.
Eppure, oggi, non mi sembra di essere così pericoloso…
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