Archivi tag: famiglia

Il momento

Sembra sia arrivato il momento. La genitrice, a furia di leggermi messaggi sull’iPhone e la Moleskine dimenticata nel marsupio sulla scrivania, mentre ero fuori da un’amica, sembra abbia capito tutto. E ha chiamato un’altra mia amica perchè aveva bisogno di parlare, non trovando il padre.

Ovviamente poi la mia amica mi ha chiamato, per informarmi della telefonata, preoccupata del fatto che la madre iniziava a cercare qualche medico che mi potesse curare.

Ovviamente, quando sono a casa, non mi ha detto nulla, se non di non fare tardi a lavoro.

Il problema è che non so cosa pensare o come dovrei sentirmi. Ero perfettamente conscio del fatto che non avrebbero accettato o compreso subito. Ed era uno dei motivi per cui non ero certo di voler affrontare la cosa e di volerla affrontare solo nel momento in cui avessi avuto un’ancora di salvezza, un’appartamentino in cui rifugiarmi in caso di una epica cacciata da casa. Ma ero anche conscio del fatto che prima o poi la questione doveva saltare fuori. Ovviamente, salta fuori quando la situazione si stava tranquillizzando, perfettamente allineata col principio che non mi è permesso essere tranquillo felice e contento per troppo tempo. Loro poi, come al solito, sono incapaci di parlarmi delle cose apertamente, poco alla volta e devono prima parlarne con tutto il mondo (non ascoltandolo).

Domani. Monaco?

Tornato dalle vacanze in Grecia (che non ho ancora finito di raccontare, qui sul blog, ops!) sono successi un paio di pasticci, il più grave dei quali scaturito con la “fuga” in campeggio da Love per il pranzo di Ferragosto.

Sì, era stato deciso all’ultimo (giovedì sera) e comunicato all’istante ai miei, che non hanno commentato in alcun modo, tranne poi, il giorno dopo, picconarmi l’uscita di casa con un sacco di storie (assurde), che non capiscono la necessità che ho di vivere queste buffonate/pagliacciate, che le feste si devono trascorrere in famiglia, che li ignoro, che non voglio stare con loro, che non li considero mai e me ne frego di loro..

A parte questo, la giornata è trascorsa benissimo in campeggio, tranne per il brutto tempo.

Il giorno dopo, sabato, mia madre tira fuori il fatto che, ecco, un mio amico è in vacanza con i suoi genitori e non ci voglio andare. Ho ribattutto dicendo che sì, è vero, va spesso in vacanza con i genitori ma… a) è proprietario di una casa al mare b) è proprietario di una casetta in Val d’Aosta c) al momento è in vacanza con madre e Sorella a New York.

Certo, se i miei mi mi proponessero di andare a N.Y., ci andrei anche io, istantaneamente, senza alcun dubbio e mia madre ha ovviamente ribattuto dicendo che non avevo mai detto loro che io volevo andare a vedere New York. Beh, certo.. mi sembrava una vacanza un po’ troppo onerosa da proporre, anche se sono anni che la fissa del capodanno nella Grande Mela (e lo sanno!) e non ho mai insistito più di tanto, vista anche l’entità della spesa.

Non l’avessi mai detto. Perchè ecco, loro lavorano tutto l’anno, i soldi li abbiamo e che si possono pure spendere per qualcosa di importante e di culturale.

Però mi hanno accusato di non essere potuti andare in vacanza perchè io stato per i primi 10 giorni del mese in Grecia. E la casa non deve mai rimanere vuota, che poi entrano i ladri (ma blindata, inferriate e antifurto a cosa servono?). E comunque, a parte i miei 10 giorni di vacanza, Agosto ha altri 21 giorni disponibili e si potevano pure organizzare (anzichè avere la fissa di imbiancare tutta casa)!

Ma la ciliegina è stata che il giorno prima per il pranzo e quindi non siamo neanche potuti andare via per il weekend. Come!? A parte il fatto che finora loro non hanno mai concepito il concetto di “weekend”, quando cavolo pensavano di informarsi/prenotare per Ferragosto? La mattina stessa del 15, visto che fino a giovedì sera non mi hanno detto nulla? Perchè, sì, certo si poteva andare da qualche parte. In Costa Azzurra (al 15 d’Agosto, senza prenotazione?), nelle Cinque Terre (al 15 d’Agosto, senza prenotazione?), a Venezia (al 15 d’Agosto, senza prenotazione?), da qualche parte in Francia (non mi ispirava) o al massimo in Germania.

E così, l’idea di organizzare per questo w-end, per domani (beh, in realtà.. oggi!), visto che per colpa mia non si era potuto fare nulla a Ferragosto e che per colpa mia ci siamo mangiati i tre giorni del ponte. E tra le alterntive possibili, mi sono impuntato per Monaco.

Ovviamente, come era prevedibile, dopo questo discorso (a volte senza alcun senso logico) di sabato, non se ne è più parlato. Fino ad oggi, quando si sono arrabbiati perchè stavo uscendo per andare a pranzo con una collega di lavoro, prima di andare a lavoro.

Il problema, a parte il fatto che perdevo tempo che potevo dedicare a studiare per il test e a parte il fatto che non ha alcun senso logico andare a pranzo da una collega, è che così non potevano prenotare l’albergo per Monaco. E mi sono arrabbiato, perchè non mi han detto nulla per una settimana e saltano fuori all’ultimo a dirmelo, senza avere, ancora una volta, prenotato per tempo? E poi, di lite in lite, me ne sono uscito di casa sbattendo la porta e con una delle mie solite frasi ad effetto: “Mi state facendo pentire di essermi iscritto al test!”.

Poi, ovviamente, sono stato a lavoro e sono tornato a casa ora. E ovviamente non ho saputo più nulla.

Quindi controllo le mai, scrivo questo post sconclusionato (son stanco), recupero tutto il necessario da mettere nella la tech-bag che si potrebbe partire veramente (e iPod e DS sono fondamentali per isolarmi da loro durante il viaggio), ricarico le batterie della macchina fotografica e mi preparo psicologicamente alla possibile sveglia all’alba.

Stay tuned (on my Twitter)..

Famiglia distrutta [due volte]

E in generale sembra questa ipocrisia sia diffusa anche a molti altri media, stampa e tv: quella non poteva essere una famiglia. E allora giù ad ammazzarli di nuovo, a negare la la loro esistenza, perfino dopo che questa si è drammaticamente spezzata. Il tutto per non scandalizzare quella parte di pubblico razzista, xenofobo e omofobo, che ha pienamente diritto di veder cancellata con un colpo di spugna la felicità e la vita altrui. E’ questo il messaggio che vogliono far passare? Purtroppo credo di si.
E questo, dopo la tristezza per la tragedia, si traduce in una grande rabbia contro chi li vuole “cancellare” una seconda volta.

Via Bybblog

Famiglia e futuro

Il mio nucleo familiare sarà al massimo composto da due persone che, con ogni probabilità, saranno autonome e nessuna delle due dipenderà in tutto e per tutto dall’altro. Non è una questione di soldi, è un fatto di sudore, carne e sangue.

[…]

L’unica cosa da fare per quelli come me è cercare di crearsi un nucleo familiare quanto più saldo possibile ma allo stato attuale, considerando che sulla solidità di quello originario ho ormai perso le speranze, mi sembra un’ impresa impossibile.

Via Patroclo

Autoconsiderazioni

Ed eccomi qui come al solito davanti al computer, ad un’ora piuttosto tarda, a scrivere qualcosa. Con Madonna in sottofondo e un’occhio all’altra finestra, col Twitterworld che parla. E, dicevo, son qui a scrivere qualcosa.
Cosa non lo so, anche perchè mi rendo conto che non so scrivere. Non riesco ad essere così profondo come vorrei essere. Non riesco ad essere come altri. Che mi fanno provare grandi sensazioni quando leggo i loro post, sia che li conosca realmente che solo tramite questo mondo in versione 2.0.
Eppure son qui, tra questi byte, col mio blog. Che ultimamente sta diventando un po’ troppo noioso e che non aggiorno più molto spesso.
Forse perchè non so più di cosa parlare.
Forse perchè non riesco a parlare più di me.
Forse perchè non c’è nulla di cui parlare.
Ho deciso di non affidare al finto anonimato del web certe questioni importanti. Perchè è meglio parlarne di persona con il/la diretta interessato/a.
Visto che è l’unico modo per risolvere i problemi.
Sto tentando di essere meno polemico. E questo porta via molta materia prima al mio blog.

E le cose, alla fine, vanno bene. Con la family, a lavoro, con Love.

Certo, tra poco si avvicinerà il momento della scelta che incombe: decidere cosa fare a settembre.
Continuare a lavorare, studiare/lavorare o studiare e basta.
Perchè il lavoro, anche se non è esattamente quello che vorrei, mi piace ed è tutto sommato dignitoso, anche a livello economico.
Perchè di riprendere a studiare, ho paura. Di dovermi scontrare con lo spettro delle mie capacità. Il dover dimostrare di essere bravo in quello che voglio studiare. Perchè, prima, era facile. Mal che andava, potevo dire che non era quello che mi piaceva e mi pesava. E ritorna lo spettro dei ponti sotto cui vivere e il dare ragione a qualcuno.
Perchè abbandonare un lavoro bello e dignitoso, in questo periodo di presunta crisi e pessimismo non mi rende affatto sicuro e tranquillo. Se e quando avrò finito gli studi riuscirò a trovare lavoro? O a 30 anni farò ancora parte del precariato perenne?
E perchè devo scegliere. Arte&Messaggio. O Polimi con Design della Comunicazione. Da una parte una scuola che mi attira tantissimo, di soli due anni, che volendo si potrebbe coniugare con il lavoro, se riuscissi a trovare un monolocale/stanzino a Milano. Dall’altra parte la favoletta del pezzo di carta di una Laurea. Ma l’idea di dover affrontare, di nuovo, l’incubo università. Con lezioni, prove, esami.
Il tutto in attesa che a lavoro mi dicano qualcosa. Perchè non solo c’è il lavoro, ma c’è pure il rischio che mi propongano un contratto a tempo indeterminato.

Con la family, le cose vanno bene.
Sarò io quello più tranquillo e sereno. O forse sono gli orari che mi fanno vedere e comunicare con la family il minimo indispensabile. E così le cose vanno bene.
Però c’è un passo importante da fare.
Una cosa importante da comunicare.
E come tutte le cose importanti, è diffile.
Ma conoscendoli, ho bisogno di una mia ancora di salvezza.
E per questo ho sempre voluto essere indipendente il prima possibile. Proprio perchè ho paura di conoscerli.
E il lavoro e la forse quasi assunzione sono un passo molto importante verso l’essere indipendente.
Giusto per aumentare i miei mille dubbi.

E poi c’è Love.
O forse Love è prima di tutto.
Ma provo invidia nei suoi confronti.
Perchè ha potuto fare quel che ha voluto.
Per l’importanza che ha la sua famiglia.
Per i recenti sviluppi con la sua Mam.
Anche se c’è un minimo di paura latente.
Perchè sogno ad occhi aperto un lungo futuro per il nostro amore.
E paura che questa sostanziale differenza tra le nostre situazioni possa diventare, nel lungo periodo, un peso, un ostacolo.
Ma ho anche paura di affrontare la cosa.
E dover così scoprire se l’ancora di salvezza era veramente necessaria oppure no.

(Happy) ending?

E’ finita.
O meglio, è finito.
E’ finito il muoversi senza senso delle mie viscere, contorte in una tremenda indecisione, ancora una volta, sulla mossa giusta da fare nella complicata scacchiera della mia vita.
La decisione di fondo c’era. Da un po’. Ma c’era da fare il difficile passo di dichiare la mia sconfitta nei confronti dei sogni e delle aspettative che altri avevano in me. E il difficile era affrontare questi altri. Trovare il modo di dire tutto, con calma, senza scene da soap opera di bassa lega o pianti isterici. Trovare il modo di evitare il litigio, unica nostra forma di comunicazione accettata da un po’ di tempo a questa parte.
E tra una storia e l’altra, proprio con un litigio, è saltato fuori tutto. Dopo la provocazione (non accolta) del “ti tagliamo i viveri”, a cui d’istinto volevo reagire salendo di sopra, prendendo il bollettino per pagare la retta e strapparlo, con un gesto plateale urlando “e allora iniziamo a tagliare questo”. Ma non so come, sono riuscito a trattenermi.
Oggi invece.. tutto, bene o male, per un’uscita non comunicata di mezz’ora. Per un semaforo rosso di troppo, sono arrivato a casa dopo di loro. Tragedia. Perchè ecco, io sono sempre in giro, me ne frego dei miei doveri, e di qui e di là. Ovviamente cominicato al telefono, mentre ero a 500m in linea d’aria dal cancello di casa. Secca la mia non risposta: tastino rosso sul cell. Altre 3 chiamate, dirottate direttamente alla segreteria. Lascio fuori la macchina, consapevole di dover uscire dopo. Entro in casa. Litigio. Col papi, in realtà.
Che si è trasformato, non so come, in un pianto. Perchè, di questa vita, su libri lontani anni luci dal mio io attuale, non ce la faccio più. Mi chiede se ho progetti, li espongo, lui non si sbilancia.
Ma tanto c’è l’altra genitrice dietro la porta ad origliare e che entra di getto nella pacifica discussione urlando e sbraitando. Perchè io devo finire, perchè ce l’hanno fatta cani e asini ed è impossibile che io non ce la faccia. E che lei, che non mi ha mai aiutato nello studio in vita mia, ha deciso che è ora che inizi a farlo. Continuano le discussioni. Dimostrando un selfcontrol che credevo di non avere. Mentre dall’altra parte erano quasi solo urla.
Poi, non ricordo come, fino primo round. Attivo msn, non avendo il cell temporaneamente usabile, per organizzare la serata, che credevo fosse abbastanza già organizzata.
Ma prima di riuscire a chattare qualcosa, ritorna la leonessa con il round 2. Un suo lunghissimo monologo, in cui mi era stato vietato rispondere. Perchè siamo persone civili, quindi prima lei, poi io, se avrò qualcosa da dire. Il monologo dura un’oretta circa. Finalmente finisce. Inizio a controbattere. E vengo interrotto. Perchè ha da obiettare. Tento di far presente il perchè siamo persone civili, quindi prima lei, poi io, se avrò qualcosa da dire. Ma dice che comunque non vale: io figlio, lei madre. E se ne frega, di quello che dico. Perchè sono io che ho sensazioni sbagliate, sono io che sbaglio questo, sono io che sbaglio quello. Grazie mille.
E poi inizia la discussione sull’uscire la sera. Perchè sono stato fuori un sacco di volte in settimana. E’ vero. Errore mio. Ma solo per evitare che il cervello andasse in loop logorandosi sullo stesso dubbio almetico, 24h su 24h. Un dubbio che mi ha fatto addormentare ancora più faticosamente del solito. Il dubbio che mi teneva sveglio, anche dopo essere tornato a casa tardi, aver tentato di dormire per ore, la visione di qualche telefilm, possibilmente soporifero. Nulla ha funzionato. E poi, quando finalmente mi addormentavo, era già ora di svegliarsi. Cosa che non succedeva. E portava ad ulteriori litigate, perchè ormai prendo la notte per il giorno.
Ma vabbè. Alla fine, saltano fuori delle sue amicizie. Qualche professore in licei artistici, che forse mi sanno dare qualche consiglio. Ma queste amicizie saltano fuori solo ora, dopo 4 anni?
Alla fine chiedono se voglio mangiare qualcosa, ma rispondo di no. E se ne vanno su a mangiare, mentre tento di prepararmi e mettere in moto la macchina organizzativa per la serata.
Ma ahimè. Ho scoperto che ieri sera l’ho combinata grossa. Sono uscito, anche a cena, per fare la spalla su cui piangere. Pensando che – gira e rigira – la sera prima mi sono sentito un po’ messo da parte, venendo a conoscenza del progetto ritiro mostra + aperitivo (rivelatosi poi lunghissimo) a giochi quasi fatti. Perchè potevo autoinvitarmi e fare il quarto. Ma c’era il dubbio dell’occupazione dei pannelli della mostra, che magari necessitavano di occupare proprio il posto del quarto passeggero. E non volevo creare casini del “vado io, no vai tu” al trio che si era già organizzato, a modo suo.
Ma ahimè. Ho scoperto che ieri sera l’ho combinata grossa. Sono uscito, anche a cena, per fare la spalla su cui piangere. Pensando, egoisticamente, che così non avrei pensato ai miei casini, impegnato a consolare altri.
Ma ahimè. Ho scoperto che ieri sera l’ho combinata grossa. Sono uscito, anche a cena, per fare la spalla su cui piangere. Senza considerare più di tanto la pizzata di classe e un’invito. A cui, sinceramente parlando, non mi convinceva troppo. Per l’odio e il terrore (reciproco) tra me e i bambini, per l’andare a casa di “altri” che non conoscevo (indipendentemente dalle attenuanti di parentela che questi “altri” avevano). E comunque confidando che in ogni caso ci saremmo visti il giorno successivi, cenando insieme con amici, in una casa favolosa e passando una bella serata, che poteva anche finire presto, per far spazio alle calde copertine Ikea©.
Ed è così che oggi, oltre ai disastri con i miei, è venuto a mancare il pilastro di cuori rossi a cui appoggiarmi, con cui sfogarmi e da stringere forte facendolo mio. E così ho passato tutta la serata tendenzialmente annoiandomi, ubriacandomi di acqua frizzante e di coca-cola, intossicandomi di fumo passivo, mentre ero trascinato a forza dello scorrere delle carte e del tempo verso un tristissimo player-out. Bloccato dal terrore di fondo di aver perso per sempre quel pilastro.
Pensando che se dovesse veramente mancare quel pilastro, io crollerei a terra. E non so se riuscirei ad alzarmi. Non ora, non in queste condizioni.