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Iscrizioni [questione di soldi]

Mi sono appena iscritto al test di ammissione per Design della Comunicazione in quel di Bovisa. 50€ di iscrizione (ma 3/4 anni fa non era di 30€!?). Procedura effettuata, col papi in modalità avvoltoio alle mie spalle.

Ho chiesto se mi rimborsavano questi 50€, che alla fine sono per un test che loro vogliono che io faccia, anche se la facoltà, il piano di studi e l’ambiente universitario non ispirino così tanto, sicuramente meno del corso ad Arte&Messaggio.

La risposta è stata affermativa, sì, me li rimborsano. Ma poi io devo rimborsare loro il telepass e il costo del radiatore nuovo della “mia” macchina.

Quando mai mi sono iscritto a quel test!

Chiavi dimenticate

Mi ha chiamato il papi per avvisarmi che ho dimenticato le chiavi a casa.

Ridacchiava, sul fatto che oggi, primo giorno di lavoro, me le sono dimenticate a casa, senza ricordarmene.

Strano, perchè di solito controllo sulla scrivania se c’è qualcosa che mi serve, prima di uscire e io, di solito, le lascio nel cestino sulla scrivania, quindi me ne sarei accorto. Così ho chiesto dove le avevano trovate, visto che non le avevo viste. E mi ha risposto che le aveva trovate la madre, nel cassetto. Ma come, nel cassetto? Perchè ha aperto il mio cassetto? Ma no, stava riordinando. Scusa, cosa stava riordinando nel cassetto della mia scrivania? Ma no, stava mettendo via la biancheria. Eh? Che ci facevano le mie chiavi di casa nel cassetto della mia biancheria!? E, a quel punto, non ha più saputo cosa rispondermi. Se non che mi aspettava sveglio. Loro, a volte, si dimenticano di chiudere il portone a chiave. Però no, lasciarmi le chiavi nascoste in garage, non è affatto sicuro.

Il buongiorno si vede dal mattino

Ieri sera ho fatto tardi, tardissimo, davanti al mac, come al solito.. E ovviamente oggi avevo sonno, tanto sonno.

Alle 10, arrivano in camera mia, mi alzano le tapparelle con quella maledetta luce solare che mi batte diretta sugli occhi e mi tirano indietro le coperte, giusto per svegliarmi.

Dopo un po’ mi alzo, con gli occhi completamente chiusi, tiro di nuovo giù le tapparelle e mi rimetto a dormire.

Ma per loro no, dovevo alzarmi. E iniziano a stressarmi, che è tardi, che ho dormito abbastanza, che settimana prossima parto e non ho ancora preparato nulla. Ovviamente, loro sono arrabbiati. E sono talmente addormentato che capisco solo qualche parola ogni tanto in un bla bla bla continuo e fastidiosissimo.

Così, si va avanti per due ore a suon di tiro su/tiro giù le tapparelle, di coperte tolte e di urla varie. Finchè, alla fine decido di alzarmi, verso mezzogiorno.

Probabilmente uno zombie ambulante avrebbe avuto una cera migliore della mia.

E quindi, la beffa: “ah, ma avevi veramente sonno?”

No, figurati, stavo solo giocando a far finta di dormire, che è così divertente sentirvi urlare!!!!!

Tutela della privacy

  1. impostare la password all’iPhone
  2. mai prendere appunti su post-it, foglietti volanti, foglietti, scontrini
  3. disattivare il login automatico del MacBookPro
  4. non comprare una Moleskine su cui prendere appunti e scrivere tutto quello che ho in mente
  5. comprare un tritacarte per distruggere ogni documento sensibile, comunicazioni della banca incluse
  6. riempire i cassetti della camera di biglietti “ops, mi spiace, quello che stavi cercando non c’è. Ritenta e sarai più fortunata” (xlthlx©)
  7. [cambiare domicilio, il prima possibile, per sempre.]

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Cercasi urgemente appartamento a Milano, anche minuscolo, brutto, non servito dai mezzi e in zona scomoda.

Offresi in cambio, nel caso non riesca  permettermelo col mio misero stipendio, posto letto in favolosa villetta in provincia, disposta su due piani, 3 camere, 2 cucine, doppi servizi, giardino, arredata e dotata di tutti i comfort, inclusa una genitrice ossessiva che ha pure imparato a leggere i messaggi personali sul (mio) iPhone.

Again

Un pomeriggio bellissimo, anche se dalla partenza un po’ burrascosa, complice una genitrice con un’ottimo tempismo nel chiedere i favori e che sa far leva (ovviamente gridando) sul fatto che non li considero mai, mentre corro per gli amici.

Un pomeriggio inizialmente non stupendo, nuvoloso, con qualche gocciolone. Un pomeriggio che poi ha regalato caldi raggi solari che facevano splendere quel piccolo lembo di natura intorno al Ticino e al Naviglio.

Una macchina fotografica al seguito. E tante foto. La qualità e la bellezza son quello che sono. Ma l’acqua increspata del Ticino, i rami pieni di libellule azzurre, la scalinata di Villa Clerici, le ochette che giocano nell’acqua.

E poi finisce il pomeriggio. Si fa tardi. E si torna tra queste quattro mura che non sopporto. Cena. Le stesse, identiche, domande sulla Grecia. Le stesse identiche risposte. Poi le stesse, solite, polemiche sulle mie uscite serali, sui miei rientri. Sempre le solite cose dette, da una parte e dall’altra. Nessuno si muove dalle sue posizioni.

Ma loro, questa volta, giocano il jolly. Tirano fuori il fattaccio di un paio di anni. Che li ho fatti preoccupare, che son stati male, che erano in ansia, che non sapevano dov’ero. Tutte cose giuste, che condivido, che mi spiace che si siano sentiti così. Ma loro non si sono mai preoccupati di andare oltre questo, di andare oltre la facciata. Non hanno mai voluto sapere il perchè, non hanno mai voluto sapere come stavo male in quei giorni, in quei momenti, come mi sentivo bloccato, ingabbiato in una vita, un’università, un futuro che non sentivo mio, con delle persone che dicevano di volermi bene ma non mi capivano, non mi comprendevano, non mi chiedevano, senza nessuno con cui parlare, con cui poter essere veramente me stesso, dovendo stare nascosto, sentendomi diverso, quindi escluso. Loro non mi hanno mai chiesto il cosa mi ha spinto oltre, cosa mi ha fatto superare, per una volta, con tragici risultati, quel limite che mi ero sempre posto, che non mi aveva mai fatto bere più di tanto, che non mi ha mai fatto fumare, nè drogarmi.

Ma quella sera si era instillato in me la voglia di fuggire da quella situazione, insopportabile, che mi stava schiacciando, che non mi faceva più vivere, che mi stava soffocando. E quindi ho tolto i limiti, ho disattivato il buon senso. Ed è andata come è andata.

Ma non capiscono, non vogliono chiedere, non vogliono sapere. E tirano fuori l’argomento. Come se lo avessi fatto per dispetto a loro. E invece non capiscono che loro non sono stati il fine. Ma la causa.

E io, questa cosa, non l’ho mai detta. Me la son sempre tenuta per me. Con loro voglio parlare dell’argomento il meno possibile. Ma loro no. Perchè ogni scusa è buona per tirarla fuori. Per dire sempre le stesse cose, per farmi sempre gli stessi rimproveri. Perchè poi non conta quello che è successo dopo, che mi sia comportato “bene” o altro. Anzi, non conta che quello sia stato l’unico fattaccio. Perchè per quanto possa fare una cosa giusta, buona e brava.. no, quella perde ogni valore appena faccio qualcosa che appare ai loro occhi sbagliato, brutto e cattivo.

Perchè loro, han fatto tanto per me. Ma io, per loro, solo una cosa: preoccupazioni.

E a me, sinceramente, la frase ha fatto gelare il sangue. E così me son corso, in camera, a piangere sopra questa tastiera.

Sinceramente

Sinceramente sono stufo di tornare a casa e trovarti sveglia, ad aspettarmi. E a iniziare una litigata appena giro la chiave nella toppa. Per dire sempre le stesse identiche cose che, tradotte, implicano che io possa mettere il naso fuori di casa solo per andare a lavoro e nient’altro. Neanche uscire nel w-end o anche solo andare a prendere un gelato in piazza. E no, non dirmi di telefonarti. Perchè sai benissimo che è solo ipocrisia. Visto che poi litigeresti al telefono, con tuoi no, no, no, no. E ti chiuderei il telefono in faccia. 

 

Io non posso, non riesco a continuare così. Mi spiace.

Istintiva aggressività

E dalla sbottata dell’altra sera che ci penso.

E devo ammettere che pensarci non mi fa troppo bene.

Sostanzialmente, sono sempre stato molto istintivo. Ma di una istintività che non sento mia, forse troppo aggressiva o “cattiva”.

E così, per migliorare me stesso agli occhi degli altri, ho tentato di lavorare sul mio autocontrollo, sul mitigare e bloccare questa istintiva aggressività.

Ma il problema è che questo autocontrollo, questa calma apparente, a volte viene meno. Viene meno, effettivamente, con i miei genitori, con cui questo filtro non è mai attivo. E viene meno sotto stress o quando sono stanco/addormentato/rincretinito.

E non ne sono per nulla fiero. Perchè alla fine non è che mi diverto a offendere o far del male agli altri. Però mi viene dannatamente istintivo. Ho un carattere da far schifo. Lo so. Ma è ancora più brutto saperlo e non riuscire a far nulla.