E poi c’è la solita serata Glitter, di cui non ha senso dire nulla perché tanto ormai è diventato una certezza.
Amici, sorrisi, balli, caldo -troppo- caldo, sudate, voce sparita, divertimento.
Molto divertimento.
E poi c’è la solita serata Glitter, di cui non ha senso dire nulla perché tanto ormai è diventato una certezza.
Amici, sorrisi, balli, caldo -troppo- caldo, sudate, voce sparita, divertimento.
Molto divertimento.
Lo ammetto: non ci ho mai creduto fino in fondo.
Perché sapevo che ci sarebbe stata troppa gente da gestire, troppe variabili da considerare e troppe poche persone veramente convinte di.
Poi abbiamo fatto tardi, tra apertitivi + torta in posti affollatissimi, tra la ricerca di noodles (chiusi) e la scorpacciata di arrosticini.
E poi arriviamo, c’è una coda pazzesca e ci arrendiamo, il gruppo si divide e ci muoviamo verso il Ricci con l’idea di bere qualcosa e ovviamente no, chiude.
Sconfitti decidiamo di tornare a casa, ma poi arriva una provvidenziale chiamata, inversione di macchina e via, pronti per ballare.
Il locale è strapieno, si muore di caldo.
Ma ci vuole un attimo e la serata parte per il verso giusto, tra incontri di amici e chiacchiere varie con perfetti sconosciuti. Finisce poi che arriviamo a chiusura e un bel ragazzetto semi ubriaco va dal tuo amico a chiedere il permesso di rubarti.
E a parte queste conclusioni di serata che solo al Glitter possono succedere, arrivi a pensare che è incredibile come ci si riesca sempre a divertirsi, uscendo con un sorriso stampato e una allegria esagerata.
E no, malfidenti, non è colpa della troppa vodka. Perché con quella ci sono andato leggero, dovendo portare a casa sana e salva una dolce donzella.
Sì, è vero, l’unica cosa che vuoi è togliere le scarpe, far vivere i piedi e poi fiondarti a letto, sotto il piumone.
Ma lo fai felice e spensierato.
Perché, tra le altre cose, avevi  ragione e lo sapevi.
Ad un certo punto inizi a diventare abitudinario.
Stessa compagnia, stesso programma, stesso posto.
Ma che male c’è se a priori sai già che ti divertirai?
Persone che hai conosciuto per caso una sera e con cui ti sei scambiato i contatti, anche se gli unici messaggi che girano sono quelli prima della serata, per assicurarti che loro ci siano, e quelli dopo, per ringraziare della compagnia e del divertimento.
Persone che vai a cercare nel casino della pista appena parte la canzone cretina della serata e sei sicuro che i successivi 5 minuti ti riempiranno di gioia per il resto della serata e ti faranno sorridere senza ritegno quando ci ripenserai nella settimana seguente.
Persone che ti prendono, ti abbracciano e che ti dicono che tu per loro sei tenerissimo e dolcissimo.
E non è esattamente così, però è bello a volte sentirselo dire e ricambi con affetto quell’abbraccio.
Che poi, la giornata era giustamente iniziata male, malissimo e continuata decisamente peggio.
Ma finisce che qualcuno ti invita ad un ultimo Glitter pre-natalizio e a te pesa il culo e in realtà non vuoi alzarti da quel divano in cui giaci in uno stato di depressione ed incazzatura tentando di risollevarti il morale con l’ultima di Grey’s.
In più si offre pure di passarti a prendere e portarti a mangiare dell’ottimo sushi e chi sei tu per dire di no, anche se ti eri ripromesso di abbassare le spese e di fare il bravo.
Tu sei in ritardo, ma calcoli anche il suo di ritardo e alla fine lui è in ritardo sul ritardo e puoi permetterti di fare l’indeciso davanti all’armadio e al cassetto degli Swatch. Alla fine decidi che vuoi stupirlo, che ti prende in giro che non ti ha mai visto vestito con una camicia come le persone serie e prendi quella Sonny Bono slim, la indossi e ti ci senti incredibilmente bene, anche se inizi già a sentirti male sapendo quanto suderai.
E poi sei indeciso sullo Swatch, che hai quella trashata di limited edition di Natale, che devi mettere prima o poi, ma hai anche paura dell’alcool che circolerà e di tutta la meravigliosa e variegata fauna del Glitter e quindi pensi che no, meglio andare sul sobrio, tanto hai già le ritrovate Bikkembergs di pelle viola e bianco lucido e stringhe rosse per essere poco sobrio.
Ti rendi conto che la cena trascorre calma e tranquilla e anche le chiacchiere, tranne in quei momenti di religioso silenzio in cui divorate quei buonissimi pesci crudi. Guardate l’orologio ed è tardi, il Glitter aspetta!
Tutto procede come al solito… L’arrivo è prestino, il locale si riempie di facce ormai conosciute o meno, primo cocktail e via, in attesa che si scaldi anche la musica.
Poi arriva, è la canzone giusta e via nella mischia. Vi si avvicina un altro gruppo di ragazzi e c’è questo tipello caruccio, di quelli barbetta e capello corto e per te va già bene. In più ti sembra che ti guardi e ti sorride e tu sei felice, stai ballando e cantando e sei contento e lo guardi e rispondi al suo sorriso. Questa cosa va avanti per troppo, tanto che in realtà ti chiedi se lo stia facendo per cortesia e perché anche lui come te è senza pensiero oppure se ci sta provando con te. Alla fine ti si avvicina, ti prende in giro perché sai tutte le canzoni che stanno mettendo ed è l’aggancio per ballare molto più vicini. Tra una mossa e l’altra parlate e ti chiede se lavori nel settore farmaceutico. E ridi, rispondendo che no, e che rientri in pieno in ogni cliché e difatti lavori in un’agenzia di comunicazione e ti stoppi e non stai a farla più lunga di così perché non è il caso di spiegare tutto subito e ammazzare l’ormone.
Poi passa una canzone che non sai e la usi come scusa per non passare per l’ossesso che sa tutto di musica. Ma fortunatamente la conosce lui, ti fai dire titolo e autore ma sai già che te la dimenticherai e che la userai come argomento di conversazione se mai vi scambierete il numero. Voglio dire, hai una playlist “Glitter Chronicles” su Spotify e deve esserci, no?
Intanto sia i suoi amici che il tuo si sono dileguati. O meglio lo vedi che è lì che ti osserva da lontano e ti guarda con uno sguardo che decidi di interpretare come divertito e contento (per te). Decidi che è tempo di una pausa, stai morendo in quella camicia che ti rende così attraente – a quanto pare – e proponi di offrigli qualcosa da bere. Lui rifiuta l’offerta ma ti accompagna. Due parole fuori dalla bolgia infernale della pista.
E poi finisce tutto così… Con un siparietto in cui chiedi se gli darebbe fastidio se gli chiedessi il numero e lui risponde di no, poi vi mettete a parlare di altro e poi ti sgrida che non gli hai ancora chiesto il numero. Vi scambiate gli iPhone e lui ti memorizza sul tuo come Lorenzo Canterino, mentre tu sei senza fantasia e lo salvi solo col suo nome. Vi salutate, andando a recuperare i rispettivi amici e che lui voleva andare via non troppo tardi.
E così torni dal tuo amico un po’ con la coda tra le gambe e chiedendogli scusa per averlo abbandonato così. Ma ti accoglie con lo stesso sorriso di prima e dice di essere contento per te. Intanto ti scaldi ancora di più grazie a quello che sta mettendo il DJ, che non ne sta sbagliando una. Poi vedi altri amici in mezzo alla pista, vi avvicinate a loro ed è subito il solito delirio di balli divertentissimi. Intanto qualcuno ci pensa di inzupparti di alcool: prima birra sul petto, poi vodka redbull su Jawbone e Swatch. Benedici la tua intelligenza di aver lasciato a casa quello di Natale e ti maledici per la camicia e tutto quello spreco di spirito.
Come al solito, resistete fino a chiusura, fradici di sudore, senza voce e dannatamente contenti.
In macchina ti spegni un paio di volte per la stanchezza, probabilmente anche a metà di qualche discorso. Ed è strano, viste le 13 ore di sonno che avevi all’attivo. E pensi al domani e a come andranno le cose.
E il domani, che ormai è quasi già passato, aggiungi con orgoglio questa al tuo Spotify:
Quindi:
– Warhol, Palazzo Reale
– giri vari di shopping andato a vuoto (io e la moda dei maglioni di quest’anno non andiamo per nulla d’accordo)
– a piedi da Duomo a Porta Genova, giusto per il gusto di camminare un po’
– arrosticini, arrosticini, arrosticini! [forse 20 a testa + n-mila altre cose è un po’ troppo?]
– Glitter, again. E questa volta una selezione musicale niente male, una serie di ex-compagni di corso, molte facce che ormai stanno diventando familiari, tanta troppa gente, troppo fumo, ma una bella serata come sempre.
– voce, voce, dove sei finita.
Comunque quando devi recuperare la voce è un segno molto positivo della serata trascorsa, bravo!
Già 🙂
Mi hanno detto che il Glitter è l’unico locale di Milano dove si può andare da soli e non sentirsi soli.
Io ci sono andato per la prima volta questa notte, dopo la decisione repentina del giorno precedente.
E ho persino superato quella stanchezza che mi aveva portato ad addormentarmi sul divano guardando Grey’s Anatomy, incazzandomi a morte per W.
E alla fine non son stato per nulla solo. Perché c’erano i miei amici, che avevano la capacità di apparire dal nulla e sparire nel nulla un istante dopo; c’era il mio ex, che mi ha sorriso; c’era un carinissimo armadio di muscoli che mi ha detto: “facciamo che sono il tuo flirt della serata” e che poi, ricollegando i puntini, è possibile che lo conoscessi già da anni (o per lo meno, ne avessi già sentito parlare) per amicizie in comune; c’era un amico da Genova che mai avrei pensato di incontrare e con cui ci siamo divertiti come dei pazzi in danze random (cit.) su intramontabili pezzi dei tardi anni ’90; c’era una fotografa che probabilmente mi ha sempre beccato in pose imbarazzanti ed inguardabili; c’erano ex compagni del Poli che non pensavo di rivedere così facilmente, date le nostre rispettive impegnatissime vite e le difficoltà che incontriamo ogni volta che vogliamo organizzare un aperitivo; ed infine c’era un amico del carinissimo armadio di muscoli che mi ha chiesto l’amicizia su Facebook, giusto per mandarmi in mattinata un video parodia della reunion delle Spice.
Quindi, grazie Glitter, grazie amici per la bella serata. Quando replichiamo?