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Vercelli, 11

Sembra ieri, ma invece è già passato 1 anno.

Mi compaiono regali sulla scrivania, con engagement post che non si possono ignorare

A photo posted by @nomoreme on

Un anno in realtà denso di cambiamenti, nuove avventure, di persone che sono entrate nella mia vita e altre che ne sono – purtroppo – uscite.

Una nuova città, nuovi ritmi di vita, nuove passioni e le vecchie un po’ ridimensionate.

Un anno in cui ho superato la soglia dei trent’anni e in cui mi sono reso conto di non essere ancora riuscito a trovare un obiettivo a lungo termine: giusto o sbagliato che sia sto vivendo giorno per giorno e per ora sono contento così.

Ma ci sono momenti in cui quella vita conclusasi un anno fa mi ritorna prepotentemente in mente. E la nostalgia di quelle stanze, di quei lavori, di quelle persone fa ancora male, molto male.

281 – creatività

Sai cosa c’è con la creatività? C’è che è vero, magari ci posso mettere anche solo un 1 giorno su Photohhop, Illustrator o InDesign per fare tutto quello che mi chiedi. Ma per arrivare a quel singolo produttivo giorno di lavoro, magari io devo passare i 6 giorni precedenti a fare ricerca, capire il mercato, vedere cosa fanno i competitor, analizzare i loro punti di forza e le loro debolezze, studiare il prodotto che mi chiedi di promuovere e disegnare e cancellare e ridisegnare e ricancellare.

Per arrivare a quel singolo produttivo giorno di lavoro, ho studiato per anni, dato esami, affrontato revisioni, scritto una tesi ed ottenuto una laurea. Per arrivare a quel singolo produttivo giorno di lavoro, ho cambiato 5 o 6 lavori, mi sono confrontato con la comunicazione online ed offline, ho disegnato loghi, impaginato cataloghi, ritoccato fotografie, studiato l’interaction per quel sito o quell’app.

Per arrivare a quel singolo produttivo giorno di lavoro, ho seguito tutti i cambiamenti della Creative Suite, ho provato con gusto le nuove funzioni, litigato con quelle cambiate che non si comportano più come prima, ho modificato più volte il mio workflow, ho pagato le licenze tra un aggiornamento e l’altro. Ma soprattutto, per arrivare a quel singolo produttivo giorno di lavoro, ho passato tutta la mia vita, da quando ho capito che questa era il mio “sogno da grande”, ad osservare con curiosità e spirito critico qualsiasi forma di comunicazione che mi sia passata sotto mano, a studiare, informarmi continuamente, costruirmi una cultura.

Ed è una cosa che continua, 24 ore su 24, 7 giorni su 7. E quindi farò finta che tu, dall’alto della tua cultura medio-alta, queste cose le sappia e le capisca.

E quindi farò finta che in realtà tu mi abbia risposto che hai sbagliato e che no, non hai budget per questo progetto perché  – ti assicuro – ti farebbe molto più onore di quello che invece mi hai risposto.

260 – frutti

E così si è giunti alla fine di questa settimana, così intensa e folle sotto molti punti di vista.

Da settimana prossima si vedranno i frutti del lavoro degli ultimi mesi e c’è quella stranissima sensazione di calma, mista alla paura che manchi qualcosa, che possa esserci qualche problema o imprevisto. Ma si saprà solo da settimana prossima, quindi incrociate le dita per me.

C’è la tristezza di non poter vederlo direttamente per tutta una serie di motivi, ma intanto ci sono dei ringraziamenti che arrivano dal nulla tramite FB e ti fanno comunque piacere.

Da lunedì saremo nella magica Roma per preparare il [OMISSES]. 
Tutto lo staff si trasferirà per gli allestimenti e per accogliervi in una location che si trasformerà in una nuvola di zucchero. Prima di iniziare vorrei ringraziare tutto lo staff: E., F., Lorenzo e C.. 
In un’Italia che si lamenta per i giovani che non hanno voglia di fare, uno staff tutto under 30 è stato capace di lavorare con entusiasmo ed emozionarsi per un evento che a poco a poco ha preso vita. Grazie davvero ragazzi… e ora testa bassa e al lavoro! F 

 

182 – goodbye

C’è chi mi ha detto di prendere la rincorsa e saltare al livello successivo;

C’è chi mi vede già in cima alla bandierina:

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C’è chi mi ha mandato inglesissimi “Whishing you all the best.”, con tanto di koala:

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C’è chi ha prodotto e mi ha regalato strani santini:

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C’è chi mi ha augurato di andare e stenderli tutti:

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C’è chi pensa che il McDonald abbia chiuso perché io – affezionato cliente – lo stavo per abbandonare;

C’è chi mi ha fatto un regalino veramente apprezzato, soprattutto per la dedica così engaging:

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Chi mi ha mandato cuori confermandomi di essere sulla strada giusta:

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C’è chi mi ha salutato con le lacrime agli occhi (e ne ha fatte scendere anche a me);

E poi ci sono io, che ho chiuso il tutto con un “So goodbye, and thanks for all the fish (semicit.) ” e un aperitivo semi improvvisato con quei pochi che potevano.

E quindi è ufficiale: quei 2 anni 2 mesi e 5 giorni in cui è successo di tutto sono finiti.

E porterò nel cuore un bel po’ di ricordi, cose belle e brutte, cose importanti e cose stupide, tra la fatica di quattro traslochi di stanza, le feste (troppo) alcoliche e le creatività degli inviti sempre al top, tutte le sigarette (non?) fumate, i caffé, il cacio e pepe e il sopracciglio sempre alzato, gli aperitivi, i pranzi e le cene, i fotoMantaggi, il “colpire qui con la testa”, i timer e chi non li faceva partire, l’odore di cervelli fritti, i poveri concetti strettati, i tanti post-it, i cuori e gli unicorni, il piattone e lo sfocatone, le mail con animaletti pucci, i gioielli commestibili di Gino, i crash di photoshop, i file cancellati dal server, il fluidifica, la guerra per la mayorship su 4sq, quella fantastica colorrun, i “lori, c’è posta per te”, le urla dalla stanza di fronte e gli sghignazzi da quella a fianco, il tardare tanto da porter salutare l’omino delle pulizie o quella volta che sono arrivato per primo la mattina e mi son trovato una porta mezza sventrata, le lunghe liti per decidere i colori delle pareti di una stanza che presto non sarebbe stata più nostra, il soldi regalati al McDonald che ha chiuso, le infografiche, i corgi e darcytheflyinghedgehog, quel 4° piano sbagliato e la peste bionda del 5°, la macchinetta del caffé che si bloccava sempre e le “ora butto tutte le schiscie dalla finestra!”, il “caricami ho fame” e tutti i post-it a forma di cuori con su disegnati dei cuori e altri importantissimi messaggi, le colazioni e le infinite scuse per mangiare una torta insieme, le amicizie più o meno profonde e le confidenze che ne derivano.

So goodbye, and thanks for all the fish (semicit.)

 

 

119 – anniversari

E così, ridendo e scherzando, ieri è riiniziato ufficialmente il 2014 lavorativo.

Solo che per me il 2 gennaio ha anche un altro significato, visto che è il mio “compleanno” in agenzia, per la precisione il secondo. Sono stati due anni che mi hanno dato molto, dal punto di vista professionale e personale. Clienti importanti, progetti grossi e particolari, colleghi a cui voglio veramente bene.

Certo, non è tutto rose e fiori, visto che viviamo ancora nella realtà e non nei sogni, ma in questo momento voglio pensare positivo, ricordarmi com’era l’agenzia quel 2 gennaio 2012 e come fosse diversa dall’agenzia di oggi. Ho avuto la fortuna di essere parte di questi cambiamenti e ho visto il mio lavoro cambiare (notevolmente) nel corso dei mesi e con esso, forse anche io (e spero in meglio).

E il futuro riserva altri cambiamenti ma – come si dice – chi vivrà vedrà (e deciderà cosa fare).

Forse

La chiusura di un progetto importante in pochissimo tempo, grazie ad un ottimo lavoro di squadra, tra numeri scleri, indecisioni e cambi dell’ultimo minuto.

Il pasto delle 17, per poi riprendere il solito delirio di cose da fare.

Una pubblicazione in arrivo.

Una nuova veste social che ha preso forma.

Cose che sembravano in un modo e che in realtà sono in un altro.

E alla fine, uscendo da quell’ufficio a quell’orario assurdo, ho guardato oltre quel muro abbattuto.

E forse tutto lo stress, la stanchezza e la negatività dei giorni scorsi se ne sono andate assieme alla polvere.

Oggi sono felice.

E tu, passate bene le feste?

È la domanda più banale di questo periodo.

E la risposta da dare in realtà non è così semplice e scontata. Perché d’istinto dovrebbe essere un “sì, tutto bene”: alla fine ci sono state le belle giornate in famiglia (sia con la mia che con quella acquisita), la felicità per il nipotino appena nato, il relax di una giornata in montagna tra camino, partite interminabili (per colpa della mia regola speciale, tra l’altro) ad Uno, mini-battaglie a palle di neve, l’aver passato il capodanno in quella casa di Bergamo che ha sempre il potere di farmi sentire bene, rilassato, tra amici.

E poi ci siamo quasi con la tesi. La deadline per la consegna della parte progettuale si avvicina inesorabilmente e sono anche abbastanza soddisfatto del lavoro di gruppo che stiamo facendo. Un’interessante novità a livello lavorativo che si spera continui bene così come è cominciata.

Però arrivano i però. Perché in queste giornata non ci sono stati giorni di riposo, di dormite colossali, di dolce far nulla. Sempre a correre in giro da un cliente o da un altro, tra macchina, benzina, passante, metro. Fatture da emettere, pagamenti da ri-richiedere anche se continua ad esserci chi fa orecchie da mercante, giornate passate davanti al computer. L’avere praticamente solo 3 giorni di vacanza (25, 31, 6) e aver comunque lavorato anche gli altri giorni.

E quindi, sì: potrei rispondere un “sì, tutto bene”. Ma aggiungerei anche un “ma mi sento più stanco di due settimane fa”.

H-Quote

Ci sono frasi che ti ritrovi appese ai muri del ristorante, tra uno schermo che proietta SkyTG24, uno con l’ultimo keynote dello Steve in loop, davanti ad un mega plastico di come sarà il complesso, tra uno-due anni, appena finiti i lavori.

It is more fun to talk with someone who doesn’t use long, difficult words but rather short, easy words like «What about lunch?»
Winnie the Pooh

Delete:all

Forse sono una persona che va giù pesante, forse troppo.

Mi rendo conto di non avere vie di mezzo. In quello che faccio, in quello che senso.

Forse non va così bene. Forse dovrei imparare a vivere perlomeno a toni di grigio.

Intanto però sento che poco alla volta che cose si stanno aggiustando.

E in tutto questo correre correre correre e non fermarmi mai, mi rendo conto che – tutto sommato – anche se perennemente irrequieto – sono felice.

Empire State of Treviso

Giorni di su e giù. Anche se bisogna ammettere che sono i momenti giù a prevalere.

Giorni in cui invecchi e in cui festeggi come al solito in un ristorante greco (anche se non solito e non mi ha per nulla soddisfatto) con vecchi amici e nuove interessanti conoscenze.

Sere di aperitivi in cui per alcuni sei meno importante di San Remo; sere in cui alcuni sono talmente stanchi che vanno a casa e quindi in palestra; sere in cui vedi chi riemerge dal mondo quasi dimenticato della Cattolica e tutto meraviglioso come se non ci fosse mai persi di vista.

Giorni in cui gli affari mischiati all’amicizia creano casini e ti fanno dire addio un’amica da 15 anni. E forse anche un’altra, ma il tutto è troppo recente per capire come si evolveranno le cose.

Sere di cene jappe, fino a scoppiare.

Giorni di soldi prelevati al bancomat e che poi spariscono, finché il conto arriva al rosso, visto che benzina, telepass, treni e atm si pagano, sempre. Ma quello per cui stai spendendo la maggior parte di tutti questi soldi semplicemente non pensa a pagarti. O neanche a decidere quanto pagarti, tenendoti sulle spine da quasi due mesi, nonostante le continue richieste.

Giorni di scleri, di lavoro, di straordinari che chissà quanto decideranno di pagarti, ma suvvia non stiamo a guardare l’ora che mette ansia a entrambi.

Giorni in cui non capisci come diavolo hai fatto a cacciarti in questa situazione e non fai altro che darti dell’imbecille.

Giorni in cui il tuo sogno ricorrente è di fare un’uscita di scena teatrale, è stato bello finché è durato, ciao, addio, fammi il bonifico, ma poi non hai il coraggio di metterla in atto.

Giorni in cui capisci che sei sempre troppo buono, calmo, pacato, gentile, accondiscendente. O forse sei solo fesso e non sei in grado di farti rispettare, né umanamente, né professionalmente.

Giorni in cui per clienti seri e paganti decidi di fare l’impossibile. E per lo meno ottieni un grazie, assieme ai dati per emettere immediatamente la fattura.

Giorni in cui ogni poco c’è sempre da rispiegare tutto a tutti, per l’ennesima volta.

Giorni in cui la famiglia acquisita è più entusiasta dei piccoli successi lavorativi e universitari rispetto a quella naturale, che più che lamentarsi e discutere non è in grado di fare.

Giorni in cui ti fa veramente piacere uscire di casa all’alba per poter fare colazione.

Giorni in cui apprezzi sempre di più gli amici e colleghi dell’alle sei si stappa.

Giorni in cui invece non reggi più lo scherzo e le prese in giro e sei persino più permaloso del solito.

Giorni in cui sinceramente vuoi smettere di recitare la tua parte. Ma non si può, perché ormai tu per loro sei così, veramente e senza ombra di dubbio.

Giorni in cui finisci per piangere al buio della tua stanza e ti ritrovi a sperare in Treviso.