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È tornato Leo dall’assistenza! Domani Leo andrà in assistenza…

Neanche il tempo per gioire del ritorno di Leo, dopo un’assenza durata esattamente 7 giorni.

Neanche il tempo di ri-autorizzare l’account iTunes Music Store, operazione obbligatoria visto che iTunes pensa che questo sia un altro computer. In realtà è lo stesso, ma la scheda madre è stata completamente sostituita.

Neanche il tempo di bullarmi del nuovo SuperDrive ultrasilenzioso e di provare a masterizzare un DVD.

Non l’avessi mai fatto!

Toast inizia a macinare e DAN! UNKNOWN MEDIA ERROR, lo stesso errore di prima. Con la differenza che si blocca il programma e non c’è verso di fargli sputare il dvd. Sono obbligato ad uno spegnimento forzato e al riavvio… Beh, Leo non si riavvia più.

Si accende, compare lo schermo bianco di caricamento, il drive inizia a macinare il dvd (che non riconosce) si accendono le ventole a tutta velocità e rimane così, per qualche minuto, finché non si rende conto che no, il dvd non è un dvd leggibile e tenta di sputarlo. Si sente il solito suono dell’espulsione ma seguito subito dopo da un sordo tac, come se il dvd sbattesse contro qualcosa e poi il suono del meccanismo di trascinamento che se lo riporta dentro. Poi questa sequenza per un altro paio di volte e bon, il Mac OS decide di partire, ignorando completamente l’unità ottica.

Bene.

Pure questa.

Domani lo riporto subito in assistenza. Giusto per perdere un altro paio di ore e non poter lavorare per un’altra settimana.

Complimenti Apple Care, complimenti.

Dieci giorni

Oggi abbiamo portato i Macchi in assistenza. Il mio, Leo, per una serie di piiccoli problemi: SuperDrive (non chiamatelo masterizzatore che lo Steve mi si arrabbia!) che non masterizza più i DVD, qualche problema con la RAM video che a volte produce strani artefatti sullo schermo e già che c’eravamo, anche l’alimentatore che dopo un po’ fa uno strano e preoccupante ronzio.

Il suo invece, povero, non sta più tanto chiuso. Forse colpa dei nipotini che hanno sforzato lo schermo. Ma abbiamo scoperto che non c’è nessun magnete che tiene chiuso il portatile: è tutto un sapiente gioco di molle che – se se ne rovina una – non funziona più tanto bene.

Ma il bello è che – per ogni cosa – era tutto un sìsì, controlliamo ma tanto è in garanzia. Adoro i tecnici Apple.

Il brutto è che saremo senza Leo e Macco per una decina di giorni. Io ho il mio buon G4, ma devo dire che non riesce molto bene a gestire Friendfeed + Gmail + Gmail per domini + Google Reader + Faceook. Addirittura, non mi faceva neanche vedere il video fan edit di Madonnaccia sul suo MySpace.

E così, ho chiesto in prestito il portatile ai miei.

E sto scrivendo da questo meraviglioso computer con Windows Vista.

Mi ci trovo malissimo. Tra tutte le impostazioni splendid non ho ancora trovato quella che mi aggrada per gestione colore/luminosità/contrasto. Gli altoparlanti sono pessimi. La tastiera è strana e sono più le lettere che salto che quelle che digito. E poi… ha su Windows! I caratteri sono orribili. Ma proprio orribili. Antialiasing, please! E non c’è Chrome che tenga: si vede che c’è comunque lo zampino di Redmond.

Contentino 3.0

Visto anche gli scrutini per le provinciali stanno dando risultati assolutamente deludenti, qui ci si butta su Apple.

Per ora hanno semplicemente presentato la nuova linea di Portatili, tutti con la nuova batteria integrata da 7 ore di autonomia, processori più potenti, slot SD, nuovi schermi e meno costosi. È in corso l’anteprima di Mac OS Snow Leopard (wow!), ma qui si attende con impazienza la parte in cui parleranno dell’iPhone e del 3.0.

BOOONG!

E alla fine ho riavviato il MacBook Pro e fatto login su MacOS X. Il render è finito, Windows è stato probabilmente infettato da un virus che mi son preso sulla chiavetta in copisteria. Ora, sinceramente, non ho voglia di installare un antivirus né di perdere tempo a fare scansioni.

Mal che vada, si pialla la partizione: tanto c’è su Windows, i driver, Sketchup e V-Ray. Due orette e dovrebbe essere tutto reinstallato. Solo perché non mi è venuto in mente prima di fare un’immagine disco di backup. Che stupido!

Comunque, bentornato MacOS!

A noi il FullHD ci fa un baffo

Allora, ragazzi, sì, ci sono, sto bene.

I giorni di malattia sono finiti e direi anche la malattia stessa. Domani sarà l’ultimo giorno di antibiotici, la febbre non ce l’ho già da un po’, i doloretti muscolari sono sempre meno frequenti e direi che va tutto bene.

Tranne per il fatto che da questa sera ho il Mac bloccato per cause non imputabili a me. Quindi non posso lavorare per quel sito (di cui sono in modalità ansia), nè andare avanti con la dipendenza da serial che si è acutizzata in questi giorni. No, perché a parte la seconda puntata di Lost, qui si sta sperimentando Lipstick Jungle (non mi ha ancora convinto, ma vediamolo. Chissà cosa viene fuori), Fringe (J. J. Abrams, lo ripeto, io ti odio, ancora di più!), poi ho mi sono portato in pari con tutti i ritardi che avevo accumulato: le Desperate, Brothers&Sisters, Dirt. Nel cassetto, ancora chiuso, solo l’ultima di Ugly Betty, l’ultima di Criminal Minds e due giornate di 24 Ore.

Solo che, ecco, l’ho detto, questa sera non ho potuto fare nulla di questo. E perchè? Perché al momento sto scrivendo da Windows (orrore) avviato sul mio MacBook Pro (orrore) che sta eseguendo un render con v-ray per conto del Byb, che aveva bisogno di un po’ di potenza in più rispetto a quella che gli poteva fornire il suo (mmm… o è di Mam?) povero computer a carbone.

Quindi non posso fare nulla a parte avviare Chrome o Firefox (sperando non si piantino) e aspettare che v-ray finisca il render. Una sciocchezzuola da nulla, un misero file di 14.000×2.8000pixel che dovrà finire su un cartellone da 5 metri per uno.

Ora, va bene che il cartellone è enorme, ma la risoluzione per quel genere di stampa di solito è irrisoria, visto che tanto vengono visti da lontato e, spesso, in movimento. Quindi ero abbastanza tranquillo.

E invece no. Quello stampatore ha richiesto un render 550cmx100 a 300 dpi. Ovvero a circa 32milax6mila pixel, per una dimensione di immagine non compressa di soli… ehm.. 3gb?

Secondo me, è solo follia. E la pensa così anche il povero v-ray, che a una tale risoluzione eseguiva sì il render, ma non riusciva a tenere traccia di quanto calcolato nè – tanto meno – riusciva a salvare una preview. E, insomma, lasciarlo andare (per giorni e giorni) per calcolare qualcosa che non riesce a salvare, mi sembrava stupido.

E così dopo prove su prove cambiando la risoluzione, sono giunto a quella che è la risoluzione massima possibile di quel render. Ed è quella che avevo scritto sopra, quei 14mila pixel per 2mila e 800.

Nel frattempo, il Mac è bloccato, per almeno 2 giorni. E qui si spera ovviamente che lo stampatore folle si accontenti di quella piccola immagine che riesce a produrre v-ray. Perché sennò, a parte prenderlo a calci e dargli dell’incopetente, non so proprio come fare per ottenere un render a risoluzione maggiore da v-ray.

Ci sono troppi fattori in gioco. Tra sistema operativo, software e hardware. E il problema potrebbe risiedere in questo Win XP a 32 bit, che magari a 64bit gestirebbe meglio processi più corposi, ma poi bisognerebbe vedere se sia SketchUp che V-ray siano compatibili e poi bisognerebbe vedere se effettivamente il problema si risolve.

E il bello è che online non si trova praticamente nulla sui limiti di output. Ma sfido a trovarmi una qualsiasi altra persona che abbia tentato di fare un render di un’immagine di 5 metri e mezzo per 1 a 300dpi. E’ pura follia.

E neppure in Pixar ci riuscirebbero. Lì, alla fine, si limitano ai 1920pixel x 1080 del FullHD, no? Ma a noi il FullHD ci fa un baffo. Umpf

PS: i font di Windows fanno schifo. Ma proprio tanto ma tanto schifo. Non vedo l’ora di tornare al Miryad Pro di MacOS e alla beta di Safari 4 (pardon: alla nightlybuild di WebKit), per quanto Chrome sia velocissimo con le G-apps. Peccato che mi va in crash tentando di accedere a WordPress

In caso di emergenza

Ecco, lo ammetto, l’ho fatto.

Dopo aver inizializzato un mac per la prima volta (e devo dire che ora il buon Leo è molto più scattante.. forse perché non ha più qualcosa come 6 anni di file di configurazione/impostazione che arrivavano dal vecchio iBook col glorioso G4 by Motorola?), ho pure usato BootCamp per creare una partizione per Windows.

Già, sì, ok.. avevo VMWare per virtualizzarlo, però, ecco, a qualcuno poveva far comodo un po’ di potenza per dei render.

È andato tutto bene. E Windows (xp) funziona veramente velocemente sul buon Pro. Portatile prestato e render fatti.

Ma al riavvio in MacOS, orrore! Oltre al Macintosh HD, compariva pure un disco “Untitled”, formattato in NTFS da win. Lì, sulla scrivania, nella barra del finder, dentro al My Mac, ovunque!

E così, dopo un po’ di Google ho trovato il modo per non far montare il disco in automatico dal sistema.

Lo pubblico qui, per futura memoria o, se servisse a qualcuno, per avere le istruzioni in italiano.

Questi i procedimenti:

Aprire il Terminale (in HD > Applicazioni > Utility > Terminale) e digitare

diskutil list

Comparirà l’elenco di tutti i dischi (e partizioni) collegate al mac.

/dev/disk0
   #:                       TYPE NAME                    SIZE       IDENTIFIER
   0:      GUID_partition_scheme                        *149.1 Gi   disk0
   1:                        EFI                         200.0 Mi   disk0s1
   2:                  Apple_HFS Macintosh HD            137.9 Gi   disk0s2
   3:       Microsoft Basic Data                         10.9 Gi    disk0s3

Ora bisogna solo segnarsi l’identificatore del disco indicato come “Microsoft Basic Data” e successivamente digitare:
diskutil info identificatore_segnato_prima
Otterremo qualcosa di simile a questo:

   Device Identifier:        disk0s3
   Device Node:              /dev/disk0s3
   Part Of Whole:            disk0
   Device / Media Name:      Untitled

   Volume Name:
   Mount Point:
   File System:              NTFS

   Partition Type:           Microsoft Basic Data
   Bootable:                 Is bootable
   Media Type:               Generic
   Protocol:                 SATA
   SMART Status:             Verified
   Volume UUID:              A7890B9A-9243-4C2C-9DE4-0C8846EE1A1D

   Total Size:               10.9 Gi (11653873664 B) (22761472 512-byte blocks)
   Free Space:               0.0 B (0 B) (0 512-byte blocks)

   Read Only:                No
   Ejectable:                No
   Whole:                    No
   Internal:                 Yes

Ora bisogna segnarsi il Volume UUID (nel mio caso A7890B9A-9243-4C2C-9DE4-0C8846EE1A1D).
Lanciamo pico per modificare il file di automount di MacOS così:

sudo pico /etc/fstab

Aggiungiamo questa riga

UUID=A7890B9A-9243-4C2C-9DE4-0C8846EE1A1D none ntfs ro,noauto 0 0

dove ovviamente A7890B9A-9243-4C2C-9DE4-0C8846EE1A1D va sostituito con l’UUID che avete trovato prima.
Ora salvare con control-x, dare un po’ di volte conferma e infine riavviare il Mac.
Et voilà! Niente più HD sulla scrivania.

ATTENZIONE:

Prima di tutto, il file fstab indica quali partizioni e dischi sono montati all’avvio. Se qualcosa va storto, potrebbe essere non più possibile fare il boot in MacOS.

Inoltre il disco non comparirà neanche dalla lista dei drive di avvio in Preferenza di Sistema -> Disco di Avvio. Se vuoi avviare in Windows l’unico modo è quello di premere e tenere premuto il tasto Alt al momento del boong all’avvio del mac finchè non compare l’elenco dei dischi da cui poter fare il boot. Questa possibilità però non funziona con tastiere di terze parti o anche tastiere di Apple non vendute insieme al Mac.

Ricordo inoltre che questo metodo funziona solo con dischi formattati in NTFS. Con i dischi formattati in FAT non so come sia il procedimento.

Via Everything Hurts Blog

No, il glossy no!

Sì, ok, lo so, è un argomento decisamente inflazionato, in questi giorni, soprattutto dopo martedì.

Eppure, a me, le novità appena presentate da Apple non convincono.

Hanno presentato i nuovi portatili.

Nuovi nel senso che hanno preso la linea usata per il MacBook Air e per l’ultima revisione dell’iMac e l’hanno applicata sull’intera gamma dei portatili. Un’uniformazione estrema della gamma prodotti che non mi piace per nulla: toglie la possibilità di scegliere, di apprezzare le differenze tra i singoli portatili.

Per non parlare poi del fatto, assolutamente ridicolo, dello schermo lucido sul MacBook Pro. Ma siamo pazzi? Un glossy su un portatile professionale!? Lo Steve dice che i suoi cliente glielo chiedono. Ma io non so, non sono tanto convinto della realtà di questa sparata. Sui MacBook Pro è esistita, da un bel po’ di tempo, la possibilità di scegliere lo schermo lucido od opaco. E io, fin’ora, non ho mai e dico mai visto un MacBook Pro con schermo glossy. E sono pronto a scommettere quello che volete che dalle statistiche di vendita che pochissimi hanno rinunciato alla fedeltà dei colori e alla riduzione di riflessi tipici di uno schermo opaco.

Bah bah bah.

Spese rischiosamente folli per proteggere un’altra spesa folle

Ovvero un MacBook Pro, la voglia di attivare AppleCare, una veloce ricerca su eBay, un pagamento fulmineo con PayPal e un bel po’ di risparmio (e i rischi corsi però non erano prossimi allo zero)

Si avvicina il primo compleanno del mio adorato MacBook Pro e quindi anche il termine per attivare il piano di estensione della garanzia a 3 anni di Apple (l’AppleCare Protection Plan, per la precisione).

Avevo già puntato diverse aste online che offrivano il pacchetto ad un prezzo più vantaggioso di quello ufficiale (439€ mi sembrava un po’ eccessivo) e così oggi mi è caduto l’occhio su un Compralo Subito Australiano alla modica di cifra (ovviamente al tasso di cambio attuato da PayPal) di 168€.

Sì, comunque ben costoso, ma rimane un notevole risparmio rispetto al prezzo pieno italiano e fa abbassare notevolmente la soglia di convenienza. Ora, non è che voglio che il povero Leo si debba far per forza male, però, mal che vada, se non avrò bisogno di usarla, avrò buttato via solo 7€ al mese..

Tornando all’asta su eBay, ne ho scelta una che non mi inviasse fisicamente il box e che quindi non mi facesse pagare le spese di consegna: infatti quello che serve è solo il codice (che può essere inviato via mail) da utilizzare nella procedura di attivazione direttamente online, mentre il programma di diagnostica TechTool Pro incluso sul dvd è in ogni caso reperibile sul sito Apple (per la precisione a questo indirizzo) dopo aver inserito il numero di serie di una prodotto con AppleCare attivo. Tutto il resto sono carte e cartine che credo nessuno legga e un box bianco con meletta rossa che sì, può sempre far scena nella propria libreria, ma alla fine non è così indispensabile.

Se anche voi volete procedere all’acquisto, il mio consiglio è in ogni caso di leggere attentamente la descrizione dell’oggetto; verificare che l’AppleCare per cui si fa un’offerta è quella che serve (esistono infatti diverse versioni, una per tipologia di prodotto – MacBook, MacBook Pro, iPod, iMac, MacPro e AppleTV – con prezzi notevolmente differenti); controllare attentamente i feedback del venditore. Nel caso di un Compralo Subito con magari più prodotti in vendita è anche possibile controllare direttamente i feedback degli altri utenti che hanno già acquistato lo stesso prodotto; preferire come forma di pagamento PayPal e venditori che hanno i requisiti per far parte del programma Protezione Acquirenti (è comunque specificato nella parte alta dell’asta). Purtroppo, la fregatura può essere sempre dietro l’angolo, però con un po’ di attenzione si possono evitare brutte sorprese e proteggersi..

Il processo di registrazione è veramente veloce: serve semplicemente il numero di serie del Mac (si trova, oltre che sotto la batteria, anche nel menù Mela -> Informazioni su questo Mac. A quel punto si può fare doppio click sulla scritta “versione xxx” e copiarlo a mano oppure cliccare sul tasto “Più informazioni…” che avvia il System Profiler: una delle ultime voci della prima scheda è proprio il numero di serie che, in questo caso, è possibile selezionare e copiare/incollare sul modulo online), il codice dell’AppleCare e il proprio indirizzo. Una volta completata la procedura, bisogna attendere la mail di conferma dell’attivazione della copertura estesa. E a me è arrivata dopo neanche una decina di minuti.

Per una volta tutto è andato per il verso giusto.

 

Possibile che per una volta
non abbia parlato di me,
ma che abbia scritto qualcosa
che potrebbe essere utile agli altri?

Ora però sta a S. Google indicizzare il post
e portare qui
chi potrebbe essere interessato
alla questione

Il giorno (del test)

Alla fine, ieri, l’ho fatto.

Prima lo stress di arrivare fin lì in macchina e cercare parcheggio (maledetti camioncini rossi della Bartolini!).

Poi l’impatto, una volta entrato nel campus, con tutta quella massa eterogenea di giovani aspiranti universitari. Forse, se fossi stato da solo, me ne sarei tornato indietro. Troppe persone, troppo vociare, troppa confusione. I miei soliti brutti pensieri iniziavano già a girare. Li guardavo e vedevo che ognuno, a suo modo, era particolare o estroso, nel modo di vestirsi, di parlare. E io? Io non ero niente di che. Uno tra tanti, che forse non spiccava tra tanti o forse neanche si distingueva.

Ma fortunatamente non ero solo. E velocemente sono stato accompagnato all’aula del test (se fossi stato solo, nonostante la cartina, mi sarei sicuramente perso). Poi l’appello, interminabile e le procedure per entrare in aula.

E nel frettempo, iniziare a chiaccherare con i vicini di banco. La ragazza romana che aveva iniziato giurisprudenza alla Sapienza e si era trasferita a Milano col ragazzo, il ragazzo che tenta da anni il test d’ingresso, chi ha già finito il suo corso di studi ma tenta per una seconda laurea. Insomma, alla fine, tra di noi, non c’era praticamente nessuno 18/19enne appena uscito dalle superiori. Eravamo l’aula dei tardoni, forse?

Poi il test. Alla fine fattibile, a parte un paio di domande stupide a cui potevo dare risposta per la risposta che supponevo era proprio quella giusta. Peccato che mi sembrassero troppo facili, troppo ovvie, troppo banali per essere corrette. E a parte quei 2 brani della comprensione del testo che erano abbastanza complicati. E con l’ansia di doverli leggere, del tempo che scorreva, del resto del test da fare non era così facile concentrarsi e comprenderli facilmente.

Poi il test (cavolata) di inglese e poi (visto che erano ormai le due e mezza) la ricerca di qualcosa da mangiare: un morbidone. Sì, decisamente troppo chimico per essere vero. Eppure esiste.

E, infine, la corsa in ufficio, per evitare di arrivare in ritardo. E sono arrivato in orario, ma stavo malissimo, tra una sensazione tremenda di sete e una certa difficoltà a respirare.

Poi, per tutto il pomeriggio, non è che sia stato così bene, però son sopravvissuto. Mentre la adorata collega, nel momento esatto che i capi avevano lasciato l’ufficio, ha comunicato che stava male e sarebbe andata a casa. Così da solo, a finire il valoro. Sì’, ok, mi hanno concesso l’aiuto di uno stagista, però se n’è andato alla fine del suo orario di lavoro. E io sono rimasto in ufficio, fino a mezzanotte, completamente solo.

E, per quanto quell’ufficio sia praticamente blindato (uscita di emergenza inclusa – nel senso che non neanche uscire), fa una certa impressione essere lì, da solo.

Fa una certa impressione spegnere i computer, il climatizzatore e le luci da solo.

E fa rabbia, una volta che la porta è irrimediabilmente chiusa dietro di te, ricordarsi di aver dimenticato dentro lo zaino con il mio adorato portatile. E che oggi, in teoria, avrei dovuto lavorarci e consegnare un lavoro…

Questione di nomi e sigle

Non so per qualche strano e assurdo motivo mi sia venuto in mente ora, ma io ho sempre voluto un PowerBook. Sì, ok, ora ho un bel MacBook Pro. Che esteticamente uguale al PowerBook ed è pure molto più power, con un cuore tutto Intel e uno schermo con retro illuminazione a led.

Però il PowerBook aveva una cosa favolosa, che si è persa con “nuova generazione”: il nome. Perchè il PowerBook era ed è il PowerBook. Che poi lo potevi scrivere anche pauerbuk, a era uguali. Capivi esattamente cos’era, domandandoti solo se era il piccolino da 12″, il medio da 15 e il maxi da 17.

Ora invece.. il PowerBook è morto. E vive il MacBook Pro. Se ne parli, soprattutto a voce, lo potresti chiamare amichevolmente MacBook. Però così si confonderebbe con il fratellino bianco. E tu non vuoi che uno pensi che tu abbia quello bianco piccolo tanto caruccio. Se però lo chiami MacBook Pro.. ecco, allora diventi uno sborone, vuoi fare il figo, perchè hai aggiunto, hai specificato quel Pro finale. E poi.. prova un po’ tu a pronunciare mecbucpro. Non è troppo pesante, troppo “c” “c”, decisamente poco scorrevole? Ma si potrebbe pensare di omettere il mecbook. Alla fine, con l’Air, l’abbreviazione funziona. Può essere chiamato così, senza specificare che è un mecbuc. Perchè l’Air è l’Air. E’ il computer può sottile del mondo, anche dei Vaio, che entra nelle buste porta documenti americane. E con il Pro? No, uff, non lo puoi neanche chiamare solo Pro. Cos’è il Pro? Il MacPro? L’account pro di Flickr? No, no, non rende.

E quindi, tutte le volte, decidi che devi scegliere. Se fare lo sborone o far confondere il tuo amato mac. E, nel caso, decidi di fare una volta l’uno, una volta l’altro. Così, grazie al potere della media, tutto si riequilibra. Chiedendo però, allo Zio Steve, di pensare anche a queste cose fondamentali (e basilari) quando sceglie il nome per un prodotto.