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Non è una colpa, nemmeno una malattia

Un altro, ottimo post del buon sonounprecario su quella canzonaccia che rischiava di vincere il festival.

E ovviamente, sono saltate fuori le solite polemiche. E i soliti discorsi “e bah ma tanto è solo una storia”, che ho sentito troppe volte.

Ottima, a riguardo, la risposta di Suszukimaruti:

Quindi il “raccontare una storia” ci esime automaticamente dal giudizio sul *contenuto* della suddetta storia? E soprattutto ci esime dal giudicare le premesse della storia?

(perché i difensori di Povia non la contano giusta o ignorano il fatto che la canzone sostanzialmente dice che Luca era diventato gay perché aveva problemi in famiglia. La premessa è evidente: secondo Povia (o chi lo manovra) l’omosessualità è una devianza, il frutto di un trauma, di una situazione scomoda, ecc.)

Quindi se domani salta fuori uno che in una canzone racconta una storia in cui i campi di concentramento non sono mai esistiti, tutti zitti?

Quello che fa uomini gli uomini è proprio la capacità di giudicare la Storia. E le “storie”.

Io fortuna che non l’ho ancora mai sentita in radio. E se qualche collega la mette in ufficio, prendo le mie belle cuffiette bianche e sparo la musica a tutto volume

Luca credeva di essere gay

Scoperta grazie agli elementi condivisi sul Google Reader dal buon Gattonero:

Piera Serra, Lorita Tinelli, Luigi D’Elia

Le considerazioni che come professionisti delle relazioni e del mondo psichico qui facciamo non riguardano certamente il contenuto artistico della canzone1, sul quale non vogliamo entrare. Anzi pensiamo che ogni opera d’arte possa rappresentare aspetti dell’animo umano e in tal senso pensiamo che persino l’omofobia come altre posizioni psicologicamente “difensive” possano avere cittadinanza in un contesto artistico, in determinate culture, compresa la nostra. Né immaginiamo che le osservazioni di uno psicologo possano mai intendersi come restrittive per qualunque forma espressiva, avremmo in tal caso derogato al motivo stesso che ci orienta come psicologi.

No, queste considerazioni riguardano il contenuto culturale che la canzone veicola che ci sembra prodotto di pregiudizi del tutto infondati e sul quale abbiamo qualcosa da dire. Anzi, lo sconcerto suscitato dal testo della canzone, potrebbe essere per noi psicologi l’occasione per porgere le nostre scuse a lesbiche e gay: chiedere il loro perdono per le teorie sulla psicopatogenesi familiare dell’omosessualità che alcune scuole di psicologia hanno in passato coniato e che, come comunità scientifica, abbiamo consentito per alcuni decenni venissero divulgate infestando la cultura, contribuendo al pregiudizio negativo nei confronti di gay e lesbiche, screditando le loro madri e i loro padri.

La canzone infatti rappresenta l’omosessualità come se fosse una di quelle condizioni psicopatologiche ben note agli psicoterapeuti in cui il soggetto, ritenendosi erroneamente omosessuale a causa di relazioni familiari disturbate, intrattiene rapporti sessuali con persone omosessuali:  il titolo avrebbe dovuto essere “Luca. credeva di essere gay”

Viene rispolverato il vetusto teorema della madre intrusiva e possessiva che, squalificando il modello maschile, indurrebbe il figlio ad assumere una posizione omosessuale: il personaggio dice “Ero gay” e spiega di aver scoperto che tale condizione era dovuta alle relazioni con una madre “gelosa morbosa” e con un padre assente e dedito all’alcol, screditato dalla madre stessa (“Mamma mi parlava sempre male di papà”). Riferisce che aveva rapporti sessuali con uomini, ma non li amava “Io credevo fosse amore”: dunque, ammette che credeva di essere gay senza esserlo, esclude di aver vissuto un amore gay [oppure, peggio ancora, implica che tutti i gay credono di amare senza in realtà amare]. “La mia identità era sempre più confusa”: la motivazione dei rapporti omosessuali – dice – era la compensazione della relazione insoddisfacente con il padre (”Cercavo negli uomini chi era mio padre”) nonché il senso di colpa insito nella relazione con donne (”Andavo con gli uomini per non tradire mia madre”). E, ciliegina sulla torta, si descrive vittima di un pedofilo. [NdL: questo in realtà non mi torna…]

La precisazione “Nessuna malattia. Nessuna guarigione” non emenda il testo: è vero, non si parla di una malattia del cervello, ma si equipara comunque l’omosessualità a una condizione di anormalità psichica e si colpevolizza la madre come patogena.

Ben comprensibili e condivisibili le proteste di associazioni quali Agedo, Arcigay e Arcilesbica, nonché di esponenti del mondo intellettuale; infatti l’essere lesbiche o gay, ben lungi dal rappresentare condizioni innaturali o post-traumatiche, sono molto più semplicemente orientamenti sessuali che non richiedono alcun ulteriore aggettivazione di genere scientifico o morale (normale/anormale, naturale/innaturale, sana/patologica, giusta/sbagliata).

Al pubblico del festival ci ha pensato Roberto Benigni a rappresentare l’omosessualità in modo sublime e commovente.

Resta a noi psicologi fare ammenda del nostro errore.

Via Osservatorio Psicologia

Kermesse

Scopro via twitter solo ora, dopo esser stato fuori tutta la sera causa compleanno (altrui), che il vincitore è Marco Carta. Ha vinto sbaragliando gli altri 2 finalismi: mr Piccione-che-non-aiuta-i-bambini-del-Darfur e un altro il cui nome non mi dice nulla.

A priori, senza aver sentito una – e dico una – canzone, sono allibito. Faccio male?

Update: cosa!? Il premio sala stampa per i “campioni” è andato a mr Piccione-ect-ect? Ma siamo matti??!?!?

Italiani, bbrava ggente

terzo-posto-per-povia

Bravi italiani, bravi.

Comprate sull’iTunes Music Store la sua canzone e fatelo finire 3° in classifica dei bravi più scarcati. Bravi, fategli pure guadagnare dei soldi.

Bravi italiani, bravi.

È una tristezza, veramente.

La mossa mediatico/pubblicitaria del vergognoso qualunquista furbo ha funzionato. Ha funzionato l’unico modo che aveva per far notare una canzoncina *insert l’insulto che vuoi tu*. E ci sta pure guadagnando qualche soldo che no, non finiranno neanche questi ai bimbi del Darfur

Bah bah bah.

Pessimismo e fastidio?

[Stralci di] conversazione

b: e non so se la terza o la quarta sera…

m: …le canzoni saranno fatte in duetto con dei big

b: sì, con dei big big. Bene. Anche loro sono a carico della casa discografica, non della Rai. E quando scelgono le canzoni, le scelgono anche a seconda del big big del duetto.

m: ma se anziché pensare ai personaggi famosi per fare audience scegliessero della bella musica, ma bella veramente, non sarebbe meglio per tutti, anche per l’audience? Ma, comunque, chi è che duetterà con Povia?

b: ma, non so se Joseph o qualcun’altro.

Incongruenze

Uno si prepara alla solito noiosa giornata in ufficio.

Poi iniziano ad arrivare i colleghi. Si parla di Sanremo, dello strepitoso Benigni e in quel momento arriva la frociarola doc. Quella che c’ha gli amici, va al Borgo etc etc.

E come ti esordisce?

Che a lei, la canzone di Povia, è piaciuta molto. Ma tanto tanto. E anche il testo, insomma, c’ha raggggione, perché è vero. Che non tutti i froci lo sono geniticamente, ma molti sono solo psicologici. E l’arcigay poteva anche evitare di montare tutto questo caso…

No comment.