La chiusura di un progetto importante in pochissimo tempo, grazie ad un ottimo lavoro di squadra, tra numeri scleri, indecisioni e cambi dell’ultimo minuto.
Il pasto delle 17, per poi riprendere il solito delirio di cose da fare.
Una pubblicazione in arrivo.
Una nuova veste social che ha preso forma.
Cose che sembravano in un modo e che in realtà sono in un altro.
E alla fine, uscendo da quell’ufficio a quell’orario assurdo, ho guardato oltre quel muro abbattuto.
E forse tutto lo stress, la stanchezza e la negatività dei giorni scorsi se ne sono andate assieme alla polvere.
Giorni di su e giù. Anche se bisogna ammettere che sono i momenti giù a prevalere.
Giorni in cui invecchi e in cui festeggi come al solito in un ristorante greco (anche se non solito e non mi ha per nulla soddisfatto) con vecchi amici e nuove interessanti conoscenze.
Sere di aperitivi in cui per alcuni sei meno importante di San Remo; sere in cui alcuni sono talmente stanchi che vanno a casa e quindi in palestra; sere in cui vedi chi riemerge dal mondo quasi dimenticato della Cattolica e tutto meraviglioso come se non ci fosse mai persi di vista.
Giorni in cui gli affari mischiati all’amicizia creano casini e ti fanno dire addio un’amica da 15 anni. E forse anche un’altra, ma il tutto è troppo recente per capire come si evolveranno le cose.
Giorni di scleri, di lavoro, di straordinari che chissà quanto decideranno di pagarti, ma suvvia non stiamo a guardare l’ora che mette ansia a entrambi.
Giorni in cui non capisci come diavolo hai fatto a cacciarti in questa situazione e non fai altro che darti dell’imbecille.
Giorni in cui per clienti seri e paganti decidi di fare l’impossibile. E per lo meno ottieni un grazie, assieme ai dati per emettere immediatamente la fattura.
Giorni in cui ogni poco c’è sempre da rispiegare tutto a tutti, per l’ennesima volta.
Giorni in cui la famiglia acquisita è più entusiasta dei piccoli successi lavorativi e universitari rispetto a quella naturale, che più che lamentarsi e discutere non è in grado di fare.
Giorni in cui ti fa veramente piacere uscire di casa all’alba per poter fare colazione.
Giorni in cui apprezzi sempre di più gli amici e colleghi dell’alle sei si stappa.
Giorni in cui invece non reggi più lo scherzo e le prese in giro e sei persino più permaloso del solito.
Pomeriggio di riunione di lavoro, rimandata da troppo tempo.
Tutto bene, tutto bene, tranne un paio di discorsi su cui non ci si riusciva a comprendere, pur dicendo praticamente le stesse cose e poi bon, si arriva alla fine della riunione, dandoci appuntamento al prima possibile e decidendo già cosa su cosa sviluppare nel frattempo per poter procedere col lavoro.
Ed è in questo momento che, dopo quasi 3 mesi (o di più?) che il progetto è in ballo, vengo a scoprire in maniera indiretta che le carte in tavola sono un po’ cambiate, con un ridimensionamento dei miei compiti e con l’assegnazione ad un altro della parte che mi interessa di più, visto che è quello per cui sto studiando e di cui mi voglio occupare nella mia vita lavorativa.
Così facendo a me rimarrebbe solo la parte più lunga, difficile e complicata del lavoro, parte di cui si occupano apposite figure professionali e che quindi – a questo punto – rispetto a me sarebbero ben più movitate, efficienti ed efficaci.
E sinceramente, non so come comportarmi.
Il progetto comunque è grosso e importante, mi interessava molto e sarebbe anche un ottima aggiunta al mio portfolio e curriculum, ma se non potrò occuparmi della parte che andrei ad inserire in portfolio e curriculum, mi sembra perfettamente inutile.
E quindi, niente, ora la voglia di tirarmene fuori è tanta e non mi piace per nulla averlo saputo in questo modo, visto che gli accordi non erano affatto così. O forse è anche possibile che fosse stato sempre così, ma possibile che in 3 /o più mesi) non ci sia mai stato alcun sentore che non ci si era capiti?
Io momenti come questi non li so gestire, anche se dovrei imparare.
Dovrei imparare a prendere decisioni mie, piuttosto che affidarmi ad altri e poter quindi scaricare su di loro la colpa di ogni possibile conseguenza.
Però a volte è giusto sentire il parere altrui, quando una tua decisione in qualche modo influisce sull’altro, o è anche questa una scusa bella e buona?
Qualcuno ha tirato fuori quella storia dei vasi di coccio e quelli di ferro.
Ecco, boh.
Io i vasi di ferro li odio. Scontrosi, autoritari, antipatici. Credono di poter comandare, decidere tutto. E a volte ce la fanno pure, con la gente che pende dalle labbra oppure in modalità gregge ammaestrato.
Comunque, dicevamo che questi momenti non li sopporto.
Stress, indecisioni, nervosismo.
E così divento scontroso, troppo. Me la prendo per poco e le incomprensioni diventano facilissime.
Sto finendo di ripassare un libro ai limiti dell’assurdo, con errori di grammatica, sintassi, virgole messe a casaccio che separano il soggetto dal verbo, verbi non concordati con i soggetti, errori di battitura, uso creativo di parentesi e trattini. E sbagliano persino i nomi propri di prodotti e servizi: i-phone, FaceBook, Blog Spot.
La cosa peggiore sono però i contenuti.
Pagine e pagine di fuffa inutile, che ovviamente non mi vuole entrare in testa.
Poi, dopo l’esame di domani, bisogna pensare alla revisione di martedì, comprare gli ultimi regali, trovare il tempo di andare a tagliarsi i capelli e rendersi presentabile entro martedì sera, per la Cena di Natale organizzata dai Danimarchesiâ„¢ di ritorno in patria dopo 6 mesi di freddo e di Erasmus.
Nel frattempo mi sono comprato il mio regalo di Natale. E sto tenendo d’occhio altre offerte per farmi altri 2 possibili regali, anche se uno necessita dell’itervento dell’Architetto per poter essere effettuato.
Per il resto fa freddo, c’è la neve, il Comune si è dimenticata della mia via, tanto che è diventata un’unica pista di pattinaggio su ghiaccio. Vedrò domani mattina quando dovrò uscire. Già temo, visto che si aggiungono altre difficoltà al dover affrontare mamme e papà con SUV ed altri macchinoni che devono portare i pargoli a scuola. E non si rendono conto che se parcheggiano davanti ad un cancello automatico che si sta aprendo, forse dovrebbero spostarsi, non arrabbiarsi se suono quando rimangono fermi fregandosi del fatto che devo uscire.
Poi, ironia della sorte, mio padre oggi è tornato a casa con proprio quel set di 100 lucine led da esterno. 9,90€, all’Iper. E questo è il primo anno che mettiamo le decorazioni agli alberi in giardino, queste decorazioni fredde e tristi. È il primo anno dopo aver passato tutta l’infanzia, quando ancora credevo nella magia del Natale, a volere delle luci da esterno sul pino, quello alto altissimo che superava persino il tetto della casa e che ora mi sembra che non ci sia più. O forse è solo stato notevolmente tagliato. Non ricordo.
E ora la mente sta pure viaggiando avanti e indietro.
Ho iniziato ad odiare il Natale quando non l’ho più passato con la famiglia allargata. Finita la scuola andavamo a Varese dalla Nonna. E stavamo lì. E a Natale era bello. Il pranzo preparato dalla nonna e poi tutti a casa dello zio, con gli altri zii, i cugini e qualche altro parente di parente. E i giochi, e il gioco della torre e l’invidia dei cugini che avevano il conto al Credito Varesino e a loro regalavano i soldi man mano che depositavano le varie mance. E invece i miei soldi/regali sparivano in bot o obbligazioni, delle cose brutte e che non potevo certo portarmi a casa e giocare. Poi giocavamo al mercante in fiera e mi piaceva, anche se ora non ricordo più le regole. E poi la tombola, il caldo del camino dello zio e il loro bel presepe.
Poi basta, è successo che la nonna ci ha lasciato, i cugini sono cresciuti e il ramo milanese della famiglia si è allontanato da quello varesino, rimasto più compatto. E Facebook ora non è neanche di aiuto, che nessuno ce l’ha. E non ho neanche numeri di cell o email, per dire.
E così sono iniziati i Natali in tretudine, senza regali, senza gioia e felicità .
E ho smesso di divertirmi a fare il presepe, di attendere con ansia l’8 dicembre per iniziare le decorazioni, ho smesso di accendere tutte le sere le luci e fissare inebetito l’albero e vedere le diverse intermittenze delle catene luminose intrecciarsi tra di loro e creare giochi di luce e di ombre sulle pareti.
Poi però non si dice, ma nel frattempo si è aggiunto un altro ramo di un’altra famiglia alla mia vita. Con gli n-mila componenti, la voglia di stare insieme, e le cene, e i pranzi e l’allegria e i bimbi che urlano e i genitori che li sgridano senza successo e le risate e la ciacola continua.
E la cosa stride notevolmente con la mia famiglia, quella della non sopportazione del convivio perchè “non siamo fatti per queste baracconate”. E veramente, non comprendo come facciano a vivere bene, da soli con loro stessi, senza avere amici da frequentare e sentire e vederci e pranzare e ridere e scherzare. Senza vedere i loro fratelli e le loro sorelle, anche se è una cosa che non capirò mai visto che sono figlio unico.
Twenty-four years now have gone by
And it’s your time to walk your way
You’re a dreamer
You’re a rebel
And you will suffer and you will fight
And you will sacrifice yourself
But you believed in love
Funny how your man will betray you
And in the meantime your love will save you, you see…
In più persone si sono chieste che fine abbia fatto.
Da una parte l’assenza del Mac, dall’altra i soliti casini vari ed eventuali, la stanchezza del lavoro, la voglia di dormire il più possibile e un senso generale di… boh.